Luci ed ombre – Così luminoso da portare con sé inevitabilmente troppe ombre. Le prime reazioni a quanto presentato da autorità civili e religiose a Palazzo Estense, non sono solo di stima o di adesione preventiva. Emergono anche critiche e dubbi, perplessità e preoccupazioni, da più parti. I sacrimontini non sono gli unici a guardare con apprensione l'idea di una nuova via Sacra, trapiantata ex novo, dalla parte di là del piazzale Pogliaghi, e non solo per la questione vivibilità o accessibilità.
L'importante è la meta – E' perplesso l'architetto Ovidio Cazzola: "Credo che il Sacro Monte sia una cosa delicatissima da toccare. Soffre da sempre di problemi di accessibilità ma soprattutto gode di presenze artistiche storicamente ben collocate. Mi suona preoccupante che si voglia intervenire con nuove presenze artistiche contemporanee", è il primo pensiero dell'architetto. Ribadito da un'altra amica del Sacro Monte, la conservatrice del Museo Baroffio, Laura Marazzi: "Il Sacro Monte è già completo così com'è e non bisogna sentirsi reazionari per affermarlo – è il suo pensiero, "il percorso della Via Sacra è una ascesi perfettamente strutturata che trova il suo culmine del Santuario, meta finale dedicata all'ultimo dei Misteri. Fondamentale è l'idea del cammino, con intervalli di meditazione, riflessione, visione verso un punto preciso che dà pieno senso a tutto il percorso".
Relazione interno ed esterno – I dubbi circolano, fatta la tara di una idea che al momento è totalmente segno di auspici e di ottimismo della volontà, ma nulla di nulla ancora sulla carta se non il percorso individuato per la costruzione della nuova via. I pareri rimangono quindi prudenti ma non per questo meno all'erta. "Ho molto simpatia per il progetto perché intende nel moderno – esordisce Paolo Zanzi – ma mi preme che ci sia una analisi della vocazione storica dei Sacri Monti in generale". Per l'art director, responsabile in prima persona delle ultime iniziative legate alle celebrazioni sacromontane, l'idea dei perimetri è fondante: "Sacro Monte vuol dire anche contenitori dove si misuri il passaggio tra l'interno e l'esterno, dialogo tra interiorità di noi stessi e l'esteriorità dell'ambiente ed è un aspetto che rimane in forte dubbio così come ho sentito dai primi accenni al progetto".
Arte pop(olare) – Come si può far sì che il motivo fondativo di quella cultura seicentesca, la Fabbrica, possa ritrovare un ugualmente alta nozione adesso? "L'arte del Sacro Monte è un'armonia di architettura, pittura, scultura, con una caratteristica fondamentale: essere popolare. Tutti la apprezzano, ognuno con il proprio credo, la propria fede e la propria cultura" è la
convinzione di Laura Marazzi. Il dubbio che è le nuove presenze non raggiungano lo stesso livello di valore educativo universale per tutti – continua la studiosa, "è un problema di parte dell'arte contemporanea: quello di non saper o voler essere comprensibili a tutti. Sono pronta a ricredermi se vedessi un bambino coinvolto dal nuovo percorso come da secoli accade lungo la via Sacra".
Il genius loci – "Apprezzo Tadao Ando – continua Zanzi – ma se fossi in lui chiederei di stare sei mesi a Varese. Di più, ragionerei a monte, chiedendo agli artisti di lavorare qui, di capire a fondo la cultura dei Sacri Monti, a verificarsi con quella, a relazionarsi con la comunità e rinvenire il genius loci, poi solo poi, prodursi nell'opera".
Gli fa eco Cazzola: " Ho la sensazione, ma forse è solo una mia illazione, che gli artisti di oggi non abbiano una sufficiente capacità di riflessione ma anche di modestia. E, confesso, sono stupito nel vedere come le autorità religiose abbiano condiviso il progetto. Vigileremo. Staremo attenti".
La bellezza in sé – Si attendono ora ulteriori conferme, ma soprattutto un progetto che sia definito a grandi linee, almeno. "Il Sacro Monte – conclude Marazzi – non ha bisogno di rilanci, quasi non avesse in sé la forza della propria bellezza e del proprio pieno significato; non necessita di nuovi contenuti, ma "solo" di un'intelligente valorizzazione". Un discorso, quello della valorizzazione, che potrebbe valere anche per tutta l'arte di Giuseppe Panza. Di grande forza, ma titubante nella comunicazione di sé.