Sembrava l'ultimo giro di un percorso che aveva già fatto molti chilometri. Ma proprio in vista del traguardo il costituendo museo Vittorio Tavernari ha trovato nella fatalità della morte di Enzo Lucenz l'intoppo che forse ha di nuovo bloccato l'iter faticosamente avviato verso il lieto fine.
Da anni famiglia e istituzione provinciale sotteraneamente con la complicità di amici ed estimatori cercavano un modo di intendersi sul trovare un adeguato rilievo ad un ristretto nucleo di opere del maestro varesino d'adozione; per lo più quel gruppo che oggi si trova riunito presso il comune di Barasso dove lo scultore ebbe studio negli ultimi anni della sua vita.
Avvicinamenti già cominciati durante la gestione del presidente Ferrario, che avevano come destinazione naturale lo spazione del chiostro romanico che tuttavia non riuscivano a concretizzarsi. L'arrivo del neo direttore artistico Lucenz, sembrava, di fatto riaprire le possibilità di destinare almeno tre ampie sale del chiostro, una parte del cortile, all'esposizione permanente di gessi e legni di Vittorio, fino a prevedere una grande mostra per il 2007, ventennale della morte dello scultore, a dieci anni dalla prima rievocazione curata nelle sale del Castello di Masnago.
Una "trattativa" tutto sommato rapida gestita in prima persona dai figli di Tavernari e dall'assessorata alla cultura di Villa Recalcati, con la piena disponibilità, appunto, della nuova gestione dello spazio espositivo gaviratese.
Carla Tavernari, la figlia che da anni, insieme alla moglie Piera, si occupa della gestione dell'eredità artistica di papà Vittorio, conferma, i passaggi burocratici avvenuti: la proposta di donazione, la risposta della Provincia e l'intenzione di trasferire al Chiostro il Calvario che papà Vittorio realizzò per la chiesa parrocchiale Beato Odorico di Pordenone.
Non un Museo antologico, non purtroppo la summa del percorso artistico di Tavernari; la maggior parte delle cui opere rimane in collezioni private del varesotto o del milanese, ma non solo, o in importanti musei fuori e dentro Italia.
Ma quanto meno per riunire in una sola collocazione opere spesso di dimensioni monumentali e degli ultimi anni del maestro attualmente difficilmente visibili al grande pubblico. Un'altra occasione che Varese non dovrebbe veder sprecata.