Si chiama Indagini sulla materia il breve ma esaustivo resoconto che la storica e critica d'arte Anna Finocchi dà dell'opera di Loris Ribolzi a presentazione della mostra in corso fino al 23 marzo presso lo spazio mostre Guido Nardi della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.
Lo scultore designer varesino, che del Politecnico è collaboratore proprio nel ruolo di designer, espone le sue opere lignee, lavorate con materiale indigeno, desunto dai boschi famigliari, dai castagni, agli olmi, fino ad arrivare al legno di sequoia, altra presenza visiva importante nei nostri orizzonti botanici.
Una passione quella per la materia viva del legno, duratura, pervavisa e pervadente. Basti guardare al suo percorso, che è fatto si di molto, tanto, un prisma a tante facce, quasi da correre il rischio, scrive Finocchi, di trovarsi in un vicolo cieco, o “dover percorrere un cammino più lungo e più impervio del previsto”. Ma se c'è una costante, specie nelle ultime stagioni è proprio il rispecchiamento nella solidità e nella fedeltà iconografica del bosco e del legno come sua partitura prima.
Tralasciando i disegni e le acqueforti, si pensi solo al ciclo degli scudi, alcuni dei quali in mostra, o ancora più in maniera esplicità alla teoria de “Il bosco e le sue figure”: una intensa, complessa, numericamente e qualitativamente insistita ricerca con e sul legno e sulle sue potenzialità espressive con e senza l'ausilio della policromia, come un artigiano antico, o “faber”. come giustamente lo definisce la Finocchi con il rispetto dovuto a chi non si è fatto del tutto avviluppare dalle mitologie della modernità,
Questo è il lavoro che l'artista Ribolzi mostra agli studenti di una facoltà proiettata sul futuro, sulle nuove tecnologie, forse su altre dinamiche metodologiche del costruire. A lui peraltro in futuro saranno riservate altre occasioni espositive dedicate ad altri ambiti del suo operare, legati all'uso della pietra e dei metalli. Un giusto tributo, a chi forse a Varese è tavolta dimenticato.