Terza e ultima puntata dedicata la viaggio in Nepal del 2013. Propongo per l’occasione un brano tratto da un racconto dal titolo “Notte a Katmandu” al quale sono molto legato perché questo testo è servito da commento ad alcune fotografie esposte in diverse mostre a tema.

Mi sono lasciato affascinare da una città sconnessa, sedimentata, sgretolata, un accatastarsi di templi e terrazze, mattoni e fango senza ordine né logica apparente.

Si fa voto ad ogni pietra che somiglia ad una divinità. Edifici sacri eretti su precedenti luoghi di culto ai quali è difficile dare un’epoca. Trentatremila trecentotrentatré divinità: una per ogni occasione della vita – c’è persino un tempietto per il mal di denti –

Indra è il signore del cielo e della pioggia. Il pozzo è profondo come se dovesse contenere  una gran quantità d’acqua che invece non c’è. Si aspetta sempre il monsone per poi aspettare che finirà.

Buio di black-out programmati  perché non c’è abbastanza elettricità, santoni che praticano, ancora nel duemila, il cannibalismo, vibrazioni di campane tibetane riempiono l’aria numeri mistici per determinare la velocità del Wi-Fi. Per terra, davanti alla soglia di casa i resti di un rito, forse un sacrificio. Kathmandu: tutto ciò che non ero ancora riuscito ad immaginare.

Una bimba si pettina ostinatamente i capelli lisci e neri, cercando di togliersi nodi inesistenti.

Così spesso procedo io, perfezionando  ciò che forse non ha bisogno di essere migliorato. Qui invece devo soltanto imparare a fotografare con l’anima le inaspettate occasioni dell’esistenza.

Ora sono mendicante errante sulla riva del Basmati, il fiume sacro o sono monaco che non possiede nulla tranne i suoi sandali oppure non sono niente e quindi sono l’Universo. Tutto quello che abbiamo forse non è necessario.

Kathmandu: Gli ipnotici occhi di Buddha sulla sommità dello Stupa suggeriscono i tredici gradi della conoscenza per raggiungere il Nirvana. E io, senza farmi vedere, prendo appunti.

Namasté!

Ivo Stelluti,
Il Viaggiator Curioso