Busto A. – Onestà, lealtà e competenza. Tre parole preziose sulle quali Carlo Stelluti ha costruito la sua vita e le proprie esperienze, che racconta nella recente pubblicazione “Il coraggio di vivere i valori“. La narrazione sottolinea il significato che assumono le azioni quotidiane in un contesto di declino.
In questo libro mette nero su bianco tutta la sua esperienza sociale e politica al servizio delle nuove generazioni affinché possano prendere degli spunti in grado di rinnovare la società ….
“La mia esperienza sicuramente irripetibile – spiega Carlo Stelluti – è dipesa dalla formazione che ho ricevuto in famiglia, nella scuola e dalle relazioni sociali che ho avuto modo di vivere. Qualche persona dopo aver letto il libro mi ha detto: “altri tempi”. Certo è vero, ma le persone anche se vivono in un contesto culturale degradato non è detto che si debbano adeguare. I principi e i valori di riferimento hanno una vita ben più lunga di quella di una generazione. L’etica si trasforma con i cambiamenti culturali e con quelli sociali, ma senza un’etica condivisa la società è sempre più fragile e disomogenea. Oggi se le nostre leggi valgono solo per chi ci crede, vedi per esempio le norme fiscali, minano alla base la coesione sociale. La storia ci ha insegnato che le società non hanno una vita infinita e possono decadere più o meno rapidamente e noi ne siamo responsabili. Se la cultura prevalente, la politica, i comportamenti collettivi, subiscono un forte degrado, sono le nuove generazioni che si devono far carico del loro rinnovamento, sono loro che dovranno vivere il futuro e plasmare il contesto sociale, sapere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è lecito e ciò che non lo è, ciò che è bene e ciò che è male non per se stessi ma per l’intera comunità“.
La sua testimonianza è frutto di un’esperienza vissuta in differenti ambiti: il lavoro, il sindacato, la politica, il volontariato. Qual é l’anello più debole, quello che più dovrebbe essere recuperato tenendo conto, come lei sottolinea “che si può essere utili agli altri se ci si comporta con onestà, lealtà e competenza?”
“Penso che tutto ciò che siamo chiamati a svolgere nella nostra vita può essere utile alla società. Dipende da come lo si svolge. Non mi sono mai vergognato di aver fatto l’operaio in gioventù. I lavori che ho svolto mi venivano remunerati e mi consentivano di dare un contributo in famiglia e li consideravo importanti anche socialmente. Oggi il lavoro va sempre più perdendo il significato di un contributo positivo alla società, di formazione identitaria, di formidabile strumento di coesione sociale. Non so quanto sia possibile recuperare questi valori. La cultura edonistica e individualistica ha messo in discussione il fatto che tra compagni di lavoro ci si sentiva una comunità, oggi ci si sente avversari. Il sindacato risente di questo profondo cambiamento culturale. Gli strumenti di solidarietà che ancora esistono nel nostro welfare state sono nati in un contesto culturale che oggi fatichiamo a ritrovare. Ma immaginiamo se non ci fossero più le pensioni nate prima dell’epoca fascista, il sostegno a chi perde lavoro, l’assistenza sociale e sanitaria come molti egoisticamente chiedono? Forse non vanno difesi? Non esiste alcuna comunità senza politica, chi coltiva l’antipolitica forse vuole che sia uno solo a governare, quello che dobbiamo difendere è anche la democrazia e la libertà conquistata dai nostri avi col loro sangue e la loro dedizione. Lo stesso vale per il volontariato, una risorsa insostituibile per conoscere la realtà sociale e per intervenire efficacemente a favore dei più deboli. In tutti questi contesti ove i giovani sono chiamati ad operare, onestà, lealtà, e competenza sono prerogative insostituibili per tutti coloro che vogliono impegnarsi per cambiare e migliorare la nostra società“.