Abbiamo intervistato Francesco Piscitello, poeta dialettale e scrittore di testi per il teatro, in quel di Milano a casa “Sanzo”, come gli amici poeti amano definire questo grazioso appartamentino nei pressi di Città Studi, luogo di ritiro e di ritrovo per moltissimi artisti dell’ultimo quarantennio milanese. Qui, ad aprirci le porte del giardino, per l’appunto, il proprietario di casa, Prof. Antonio Sanzo che, durante la nostra intervista, si è prodigato ai fornelli, preparandoci una cena succulenta.
Le date da non perdere per ascoltare la vita e le opere del poeta servita
Ma torniamo a Turoldo; Piscitello ci racconta che, insieme allo scrittore Angelo Gaccione, direttore del giornale culturale Odissea, ha dato vita al “comitato Odissea per Turoldo” pianificando una incredibile kermesse milanese dedicata all’indimenticabile poeta e padre servita: durerà ben due giorni: martedì 25 e sabato 29 giugno. Il Comitato, impegnato da tempo a cercare di dedicare un luogo in quel di Milano a Turoldo, finalmente è riuscito ad avere l’attenzione del Comune e il 25 giugno alle ore 12,15 l’Assessore alla cultura Filippo del Corno, scoprirà una targa in Largo Corsia dei Servi, dedicando al servita proprio il grazioso giardinetto ivi annesso. Era un atto dovuto e grazie all’impegno del Comitato Odissea, Milano finalmente fissa il suo ricordo indelebile per questo grande maestro.
Kermesse milanese per David Maria Turoldo
Come ci spiega Piscitello, che sarà il conduttore della due giorni, la kermesse vedrà protagonisti sia personalità del mondo dell’arte, che a vario titolo hanno conosciuto e studiato e promosso il poeta Turoldo, sia esponenti del mondo ecclesiastico, tra cui il Priore di San Carlo al Corso, Padre Giuseppe Zauta , l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini, Ermes Rochi presbitero e teologo e moltissimi altri. Inoltre si susseguiranno reading a cura di attori teatrali tra i quali Roberto Carusi e Alessandro Quasimodo e canti Gospel, interventi poetici e testimonianze per un totale di quaranta. Una due giorni ricchissima e da non perdere, nell’Auditoriun di San Carlo al Corso, dove Turoldo ha vissuto e predicato (ingresso da Corso Matteotti 14)
Le favole esistono
Piscitello, non senza emozione, ci racconta infine del suo incontro incredibile con Turoldo e parte della sua favola di giovane uomo innamorato. Un giorno, all’epoca del suo fidanzamento, erano insieme -lui e la fidanzata- a Fontanella in provincia di Bergamo, in visita turistica nella meravigliosa Abbazia cluniacense e sentirono una voce tonante che chiedeva ai due innamorati se l’affresco che stavano ammirando fosse di loro gradimento. E si intrattennero brevemente per un dialogo cortese proprio con un inaspettato Turoldo. Al termine della visita, la fidanzata chiese: “perché non ci sposiamo lì”? e così, non senza difficoltà, l’innamorato, giovane medico, Francesco Piscitello con la fidanzata, di origini ebraico-tedesche, si sposarono poco tempo dopo a Fontanelle e il matrimonio fu celebrato proprio da questo fenomenale Padre Servita.
Un breve ritratto di David Maria Turoldo
Non era un uomo semplice, Turoldo, possedeva una grandezza, mentale e interiore, che non gli permetteva di concedersi il lusso di essere insignificante, nemmeno se lo avesse voluto. Ha fatto la resistenza, l’ha affrontata con coraggio e rischio, due aggettivi che gli donano e che verranno utilizzati spesso, quando si parla di lui. Durante la resistenza condivideva il tempo e la vita con uomini della stessa fede, e con uomini di fede diversa ma lui non riusciva nemmeno a vederne la differenza, quello che li univa era l’essere uomo. Aveva ben chiari pochi concetti essenziali, che fanno parte, più che del prete Turoldo, dell’uomo Turoldo. Concetti di comunione, di aiuto reciproco, sente nella povertà l’unica forma di libertà. Tra il 1948 e il 1952 vedono la luce le sue prime, attesissime, raccolte: “Io non ho le mani” e “Gli occhi miei lo vedranno”. Ormai è entrato a pieno diritto nella vita culturale milanese e diventa protagonista anche degli articoli di Carlo Bo, il quale riesce a raccontare Turoldo in modo semplice e non limitato, perché non c’erano limiti entro i quali lo si poteva rinchiudere in quanto sa fondere il divino con l’umano spaziando dalla Bibbia a Clemente Rebora. Diceva Carlo Bo del servita: “ha avuto due doni nascendo: la poesia e la fede e Dio quindi l’ha costretto a cantare la fede per tutta la vita”.
Luisa Cozzi