ph. Archivio Borromeo
La Galleria del piacere – Pare che mentre Napoleone e la consorte Joséphine occupassero altre stanze di Palazzo Borromeo sull'Isola Bella, il generale Louis Alexandre Berthier godesse del doppio piacere di quella specialissima alcova ricavata all'interno della già celebre Galleria dei quadri vecchi. I piaceri quelli sottintesi e quelli Bastarono poche notti nell'agosto del 1797 perché quello scrigno ricolmo di quadri diventasse per i posteri e, fino ad oggi, la Galleria Berthier. Non che il militare sia stato l'unico a goderne, ma certo tra i pochi, e per secoli, all'interno di una ristretta cerchia di privilegiati. Solo di recente la famiglia Borromeo ha deciso di aprire questo invalicabile spazio privato al pubblico.
Sulla base della filologia – E da poche settimane al pubblico è concesso di ammirare una straordinaria collezione d'arte, paragonabile per ricchezza a ben più titolate quadrerie: quella di Fontainebleau dei reali di Francia o quella Colonna a Roma. Ma di questi ambienti, che godettero di straordinaria fortuna a partire dal Cinquecento in avanti, quella Borromeo è l'unica superstite, intatta in tutta la Lombardia. E ora ricompattata, seguendo un filologico lavoro di ricerca condotto da Alessandro Morandotti e da Mauro Natale, che si sono riferiti all'ultimo ordinamento espositivo documentato risalente agli anni Venti e Trenta. E che hanno, per l'occasione, prodotto una piccola guida, anticipo di una più corposa pubblicazione scientifica.
barba, ph. P. Manusardi
Gli originali e le copie – "Luoghi di trattenersi le persone nobili, e ricche, e passeggiare al coperto" è una definizione seicentesca di galleria. La galleria Berthier, inscritta in quel maestoso palazzo proteso sull'Isola con i suoi meravigliosi giardini, raccoglie la storia del gusto collezionistico della famiglia. Capolavori veri, autentici, come quelli del Bergognone, del Boltraffio, del Gianpietrino, di Paris Bordone, di Camillo Procaccini, di Daniele Crespi segnano la spina dorsale della pittura lombarda tra Cinque e Seicento. Senza nessun criterio museografico, secondo le abitudini di un tempo, ai capolavori di sicura attribuzione sono accostati a copie di maestri, a testimoniare la duratura fortuna di questi: Antonello da Messina, Raffaello, Correggio, Guido Reni testimoniano la predilezione per l'eredità più alta dell'arte rinascimentale italiana. D'intorno poi, altri racconti: dalla pittura fiamminga, al vedutismo del Vanvitelli, al classicismo di Poussin, nella stanza attigua, sopra la porta che fa accedere il visitatore al 'Berthier'.
Il trono e lo struggimento – Ma non è solo una lunga, emozionante teoria di quadri.
La Galleria, ricollocata dopo un mirato lavoro di restauro sulle opere e sulle cornici, fa parte di un complesso che vede anche la stanza del baldacchino di damasco cremesi, detta anche Sala del Trono; uno degli ambienti più spettacolari di tutto il palazzo, un vero e proprio museo dell'arte barocca lombarda dove il grande trono in legno scolpito e dorato del XVIII quasi scompare di fronte all'imponenza delle figure antropomorfe, alle lesene di marmo, agli stipi monumentali placcati in tartaruga. E alla vista struggente, che si impone dalle finestre, spaziando dall'acqua alle montagne sullo sfondo.