Varese – Paolo VI è in cima al Sacro Monte, pronto ad accoglierci, con le mani aperte e benedicenti, in un potente “turbinare di bronzo”, come scrive lo storico d’arte Silvano Colombo.
Nei giorni della canonizzazione di Papa Montini un donatore anonimo ha chiesto un restauro del monumento realizzato da Floriano Bodini 35 anni fa, che sorge in cima alla strada delle cappelle “chino verso il pellegrino che sale, quasi per incoraggiarlo e nello stesso tempo invitarlo a un’altezza superiore, nell’ampio vestito liturgico …. nello slancio ospitale della sua figura viva e palpitante nel bronzo”(don Giorgio Basadonna).
Gli interventi di restauro, promossi dalla Parrocchia di Santa Maria del Monte e dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese, sono stati affidati alla Fonderia d’Arte De Andreis, che si è occupata del lavaggio e della pulitura delle superfici bronzee e, quindi, dell’applicazione di una cera d’api protettiva.
«La statua è stata realizzata da Floriano Bodini nel 1985. – spiega il responsabile dei lavori Francesco De Andreis – E’ stata fusa a pezzi alla Fonderia Battaglia e poi trasportata sulla cima del Sacro Monte, montata e installata. Nel corso degli anni si è accumulato uno strato residuo dovuto agli agenti atmosferici, che hanno scurito e intaccato il bronzo. Il mio è un intervento di tipo conservativo, che donerà nuovo splendore all’opera».
Un’occasione per ripercorrere la strada di un incisivo lavoro commissionato a Floriano Bodini dall’allora arciprete del santuario mons.Pasquale Macchi – già segretario particolare di Papa Montini – che voleva così esprimere la propria gratitudine e il proprio omaggio al pontefice.
Paolo VI era particolarmente devoto alla Madonna. Nel 1964, nei giorni del Concilio Vaticano II, nella sua enciclica “Lumen Gentium” proclamò Maria “Madre della Chiesa”. Proprio per questo suo amore e seguendo il consiglio del varesino monsignor Macchi, salì ben tredici volte al Sacro Monte di Varese.
Monsignor Macchi affidò l’opera che raffigura Paolo VI a Floriano Bodini per la sua maestria, attestata dai tanti lavori realizzati come scultore, incisore, medaglista e per la sua sensibilità e capacità di comunicare. Bodini aveva infatti insegnato al Liceo artistico Frattini di Varese, prima di spostarsi all’Accademia di Brera, a quella di Carrara – di cui divenne Presidente nel 1991 – e di trasferirsi infine al Politecnico di Architettura di Darmstadt. A lui si rivolse perché, come scrive Silvano Colombo ne “Il monumento di Paolo VI di Floriano Bodini al Sacro Monte di Varese” (Ed.Lativa), tra i due c’era un importante sodalizio, un legame profondo con l’uomo, oltreché con il pontefice. Un uomo che Bodini ammirava per la capacità di far sentire la Sua voce in quel faticoso momento storico e per essere arrivato a pregare in ginocchio le Brigate Rosse per la liberazione di Aldo Moro.
Floriano Bodini rispettava profondamente Paolo VI, che lo emozionava e di cui ci ha lasciato una “biografia plastica” nel monumento del Sacro Monte. Diceva lo scultore, “se non c’è una storia nella scultura, non mi interessa”: con Papa Montini Bodini ha trovato sia la storia sia il desiderio di mettersi nuovamente a confronto con le tradizioni del passato. Ha realizzato una figura piena di potenza, quasi in movimento, un Paolo VI che, come scrive Colombo, “non sta, è in bilico; è sentito, visto, dato come in equilibrio instabile, fisico e morale”.
E’ così che l’artista ce lo racconta, “tracciando e percorrendo nel metallo ogni vena, ogni ruga; le ha segnate, le ha solcate, le ha moltiplicate”.
Lo scultore ha racchiuso nel volto, nelle mani e nella figura ieratica, la biografia di un grande uomo.
Paolo VI, canonizzato in questo 2018 da Papa Francesco, era un pontefice studioso, di grande competenza e preparazione. Ebbe un ruolo importantissimo in un periodo storico triste e complesso. Ordinato sacerdote nel 1920, intraprese gli studi diplomatici e questo lo costrinse a rinunciare a quell’esperienza parrocchiale che tanto avrebbe voluto vivere. Nel 1937 iniziò a lavorare nella Segreteria di Stato, a fianco del cardinale Eugenio Pacelli che nel ’39, alla morte improvvisa di Pio XI e alle soglie della seconda guerra mondiale, venne eletto pontefice con il nome di Pio XII. Giovanni Montini visse questa terribile stagione dell’umanità proprio in Vaticano. Fu lui stesso a scrivere le storiche parole, volte a scongiurare il conflitto mondiale: “Nulla è perduto con la pace! Tutto può esserlo con la guerra”.
Nominato Arcivescovo di Milano nel 1954, si impegnò ad ascoltare la società in un momento storico di grandi cambiamenti: riuscì a risollevare le sorti della Chiesa lombarda e rese intenso il dialogo con il mondo del lavoro, sostenendo fortemente il progresso sociale.
Divenne Cardinale nel 1958 e Pontefice nel 1963, con il nome di Paolo VI. Grazie al suo impegno costante avviò una cristianizzazione delle fasce lavoratrici in anni segnati da pesanti tensioni fra le forze politiche. Volle portare a termine il Concilio Vaticano II, che seppe avvicinare la Chiesa alla quotidianità dell’uomo, a partire dall’uso dell’italiano nelle celebrazioni eucaristiche.
Fu il primo pontefice ad aprire ai temi del Terzo Mondo e della Pace e fu anche il primo Papa viaggiatore: visitò i fedeli nei cinque continenti, a partire dal suo primo viaggio in Terrasanta del ’64.
Resse il soglio pontificio nel periodo dei disordini sociali culminati nel ’68.
Si spense nel 1978, pochi mesi dopo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, l’amico barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse, per il quale aveva implorato pietà.
Era provato dalla malattia e ha lasciato un intenso testamento spirituale nel quale dona, ancora una volta, se stesso al Signore e termina con le parole “… ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore”.
Raccontando il Paolo VI del Sacro Monte Monsignor Erminio Villa afferma: «E’ una statua che incuriosisce e di cui si sono date molte diverse letture negli anni, anche frutto di pregiudizi e leggende popolari. Volentieri soddisferò la richiesta della Comunità indagando questo tema in una serie di incontri: il 18 novembre e il 2 dicembre prossimi avrò modo di parlare della simbologia dell’opera al Museo Civico Floriano Bodini di Gemonio. Il tema dell’Arte, che Paolo VI ha molto apprezzato, per me diventerà un canale per mettere in luce e sottolineare valori di interiorità. Come gli Amori di Paolo VI: l’Amore per Gesù Cristo, di cui egli si sente rappresentante, l’Amore alla Chiesa, rappresentato dalle sue grandi mani aperte che sembrano voler abbracciare il mondo, l’Amore per l’Uomo Moderno, sul quale si curva come un buon samaritano e con il quale cerca un dialogo fatto di ascolto e di confidenze e anche di ricerca sistematica».
«Mi sembra che, quanto più si spiegano le cose, tanto più la gente capisce la statura di questo grande Papa che ha sofferto molto. Incomprensioni, critiche, calunnie … Finalmente papa Francesco lo riabilita. – afferma monsignor Villa – I due hanno molte assonanze nel loro magistero. Come il tema della Gioia, il riferimento esplicito al Vangelo, l’attenzione al mondo della Sofferenza. Paolo VI è un papa che ha sofferto. E poi c’era una grande tenacia e determinazione, per cui anche quando è rimasto solo si è appoggiato a Gesù, chiamato “l’Unico necessario”».
«Tutto il resto è variabile, l’unica cosa che ha stabilità è la Fede.
La statua di Bodini incarna l’uomo fragile – anziano, malato, segnato da tante cose nel corpo e nello spirito – ma intimamente forte, convinto, che vuole arrivare fino alla fine. C’è il pensiero alla Morte. Il Pontefice dice al Signore “voglio vederti”, perché con la morte la Fede e la Speranza si realizzano nell’incontro con Lui. E’ una grande testimonianza: io vi ho voluto bene e, quando non ci sarò più, vogliatevi bene tra di voi.
Se questa fosse la lezione che la Chiesa impara da questa canonizzazione, avremmo raggiunto un obiettivo prestigioso!».
Chiara Ambrosioni