E venne anche anche il giorno di Antonio Pedretti, un altro enfant du pay. O meglio l’enfant del lago per eccellenza,in questo inesausto, senza freni, ritorno di identità culturale.
Anche se il lago che questa volta l’ha voluto celebrare non è proprio il suo nativo. Non il suo “amniotico”, tra Bardello e Biandronno, ma quello più cinematografico e turistico tra Luino e Zenna, con epicentro Maccagno, sulla foce del Giona, laddove una mente più abituata a Lucerna o ad altre capitale del nord, ha concepito il Museo Parisi Valle, 360° di vetrate sullo scintillio dell’acqua, rese ancora più sfavillanti dal sole basso, nonostante il mese estivo; dove, tuttavia l’immersione vegetale palustre, scrisse anni fa Crispolti, trova ugualmente un habitat più congeniale rispetto ad altri spazi espositivi.
Non c’è il blasone, forse, di altre sedi, di recente frequentate dal nostro Antonio, buon ultimo Palazzo Venezia a Roma, nel 2005, sotto l’egida di Vittorio Sgarbi. O di altre sedi, se vogliamo, ancora più evocative nel mondo dell’arte degli ultimi anni; Palazzo dei Diamanti a Ferrara, 1992, Casa dei Carraresi a Treviso, 1998, seguito da Marco Goldin, sulla via di diventare il prodigioso Goldin delle mostre monstre; e poi la Rocca Malatestiana, 1999, curata da Sgarbi. Per Pedretti una strada in ascesa. Poi la parentesi con la Torcular, Sergio Corbelli, la sua azienda e le mostre in giro per il mondo.
Questa di Maccagno, è come se avesse un po’ il sapore del ritorno a casa. Del bussare con discrezione e vedere l’effetto che fa.
Opere degli ultimi anni. Le paludi, certo, i gestualpaludosi, i vegetalpaludosi, a ribadire quella direttrice primaria del suo fare; quella che per citare solo un nome, Gottardo Ortelli , una decina di anni fa, indicò suggestivamente in un rapporto Monet-Pedretti, ovvero Giverny-Brabbia. O meglio ancora, il luogo mitico delle ninfee che sta al al poeta dell’impressionismo come la palude al predestinato pittore del lago di Varese.
Ma in mostra ci sono anche i grandi formati dei bianchi lombardi, le livide albe raschiate dai cieli plumbei, superfici gelate di lago, da cui non emergono solo i canneti, residui in genere sulla destra estrema, ma affiorano all’orizzonte, case, profili di monti, squarci di sereni tra nuvole basse.
Oggi Pedretti annuncia una prossima mostra, ad Arezzo, probabilmente nella prossima primavera.
Non sappiamo se sia, di nuovo come già 30 anni fa, come la sua letteratura critica di giovane pittore precoce riporta, alla vigilia di una svolta, di un nuovo balzo in avanti, di uno scarto dopo tanta immersione e immedesimazione nel suo elemento. Ha dipinto molto, ha avuto tanto.
E’ affermato. Non ha lasciato, nonostante tutto, la sua casa e il suo lago, e questo ci pare, una cosa molto onorevole. Radici di identità, del resto così ha voluto intitolare la mostra d’accordo con il curatore Claudio Rizzi.
I suoi amici, i suoi estimatori, si aspettano ancora tanta poesia da lui.
Antonio Pedretti. Radici di identità
9 luglio- 10 settembre
Maccagno
Civico Museo Parisi Valle
A cura di Claudio Rizzi
Orari: giovedì, venerdì, sabato, domenica e festivi 10-12/15-19
Ingresso € 2.60
Ridotto € 1.60
Sito
L’email