Un legame indissolubile quello tra il regista e lo scrittore de “Il Commissario Montalbano“: tutti e due se ne vanno a soli venti giorni di distanza l’uno dall’altro. Potrebbe essere una coincidenza ma Alberto Sironi è colui che ha dato immagine alle parole di Andrea Camilleri, lo scrittore che ha creato un gioiello, paragonato alla tv dei giorni nostri: una serie tv cinematografica in grado di competere a livello internazionale; il Commissario Montalbano, una spolverata di moderno folklore italiano. Una cornice d’autore quella creata da Sironi e dal suo team che ha inchiodato tutti alla tv per il semplice realismo, la brillante ironia, la sapiente narrazione, la trama avvincente, i personaggi emozionanti, la souspance da lasciare senza fiato, e la poesia del paesaggio. Sironi, infatti, è riuscito a cogliere il magnetismo e la bellezza della Sicilia.
Il regista se ne è andato la notte tra il quattro e il cinque di agosto, stroncato da un tumore al polmone di cui era a conoscenza già da un paio di anni: avrebbe compiuto settantanove anni proprio il sette agosto, giorno dei suoi funerali ad Assisi dove tutti gli amici e colleghi gli hanno detto addio.
Riccardo Garzonio, cugino di primo grado del regista, ha raccontato che il vulcanico artista era bustocco solo di nascita, ma che il centro della sua vita affettiva e lavorativa è stata Gallarate. Anche dopo essersi trasferito a Roma, infatti, tornava sempre al solito Caffè Ranzoni di via Roma a Gallarate, dove incontrava tutti i vecchi amici e compagni. I genitori del regista avevano un Coiffeur storico nel centro di Gallarate e non avrebbero mai immaginato che il figlio avrebbe fatto una brillante carriera artistica. Era nato nel dopoguerra, esattamente nel ’40 e si era formato all’Accademia di Arte Drammatica nei tempi d’oro del Piccolo Teatro Strehler. Il Commissario Montalbano nel ’99 è stato l’apice della sua carriera e della notorietà grazie anche agli attori azzeccatissimi per le parti, come Zingaretti, ma – insiste il cugino – aveva diretto molti altri sceneggiati radiofonici, telefilm e film tra cui “Il Grande Fausto” su Fausto Coppi, con Castellitto, giusto una decina di anni fa. Andrà a piantare un albero nella sua tenuta in Umbria, una promessa per ricordarlo per sempre.
Mauro della Porta Raffo racconta invece che, nel 2014, era stato suo ospite in uno dei suoi salotti: quasi coetanei, si conoscevano da quando erano giovani; racconta che era stato allievo di Strehler e Paolo Grassi e di quando si trovavano all’ottocentesco Caffè Cavour – con gli interni in velluto rosso prima che nel ’55 diventasse Zamberletti – con Gianni Santuccio, Piero Chiara, Bruno Ravasi, Angelo Bertoni e Angelo Frattini. Gli dispiace che se ne sia andato proprio adesso: gli aveva promesso di farlo stare una settimana sul set facendogli vivere una nuova esperienza.
Daniela Gulino