Testimonianze villerecce anche risalendo l’Olona che, secondo la “Grande Illustrazione del Lombardo Veneto”, “al basso serve ad irrigare praterie, e a dar moto a opifici”, ma nei paesi cresciuti in alto offriva – allora almeno – begli affacci su pendii e colline: un paesaggio quasi inatteso per chi veniva dalla caotica e già affollata capitale. Dalla stazione postale della Cascina delle Corde, una strada portava ad Olgiate dove il cav. Luigi Bossi, compilatore nel 1818 di una guida con la “Descrizione de’ luoghi più osservabili ai quali da Milano recansi i forestieri” vide “un bel palazzo con buone pitture e bellissimi giardini”. Inutile oggi cercare di vederlo così perché proprio da quell’anno la dimora dei marchesi Molo, passata in seguito ai Crivelli, marchesi pure loro, fu sottoposta a radicali interventi che la fecero diventare ben più ampia e appariscente. A volerla così fu la duchessa Gabrielle Isaure de Saulx Tavannes, per sé e per i tre figli avuti dal marito, il conte Alessandro Greppi che morendo ancor giovane l’aveva lasciata erede di un patrimonio più che sostanzioso.
Non si sa quale architetto (aleggia il nome di Luigi Canonica) abbia interpellato la duchessa di natali borgognoni; certo uno neoclassico, ma non più del momento della massima espressività di questo stile, bensì di quello delle tarde rielaborazioni, se si guarda l’edificio olgiatese , vistoso e ambizioso, ma dal vigore smorzato. E che i gusti anche in architettura stessero mutando lo provano nell’operoso cantiere la squadrata torre belvedere di gusto neocastellano, taluni ambienti e lo scomparso “magnifico mausoleo di architettura gotica” a cui fa cenno la “Grande Illustrazione”, destinato ad accogliere le spoglie del conte Greppi. Imponente e monumentale soprattutto nella facciata nobile questa dimora ebbe appropriata qualificazione anche negli interni con sale affrescate e decorate e un importante scalone d’onore. Ugualmente avvenne per il parco provvisto di rustici, serre e scuderie e in stretta relazione con le valenze paesaggistiche dell’ambiente purtroppo mutate pesantemente con l’apertura degli opifici tessili in riva all’Olona.
Questo grandioso complesso passò col matrimonio di una figlia della duchessa e del conte Greppi ai principi Gonzaga di Vescovato e, prima di passare fra le proprietà del Comune di Olgiate Olona, venne adibito a preventorio infantile. Proprio quando la villa era adibita a questa funzione, circa il 1939, sulle pareti di una sala denominata “Alba” il pittore-illustratore Antonio Rubino creò con inesauribile fantasia un mondo luminoso e rasserenante, abitato da personaggi straordinari capaci di incantare i piccoli ospiti.
Sempre ad Olgiate altra villa e questa volta non di conti e duchesse bensì del “borghese” avvocato Francesco Restelli che la volle per passarvi con la famiglia i mesi dell’estate. Una figura quella del Restelli importante e significativa nelle vicende di Milano dell’Ottocento al punto che la città gli ha dedicato una via. Patriota valoroso nelle Cinque Giornate fu costretto a riparare in Svizzera; quando potè ritornare continuò la sua azione politica, diventando anche vicepresidente della Camera e poi, fino alla scomparsa, senatore del Regno.
Il disegno per la casa di Olgiate lo fece approntare da Giacomo Moraglia, dignitoso architetto indaffarato a progettare chiese ed edifici pubblici e residenziali alla metà dell’Ottocento. Per Olgiate pensò ad una dimora dalle linee essenziali, allungata sulla vista della valle allora di verde intatto apprezzabile in particolare dallo spiazzo antistante provvisto di una serra di vetro e metallo e ornato da aiuole fiorite da cui si dipartivano sentieri che lungo il pendio portavano verso l’Olona.
Dopo anni di trascuratezza il complesso, ancora di proprietà degli eredi Restelli, ha avuto attente e laboriose cure che l’hanno riportato ad essere una fascinosa dimora dove, visitandola, si può intendere il vivere in villa della aperta e concreta borghesia milanese dell’Ottocento.
Giuseppe Pacciarotti