Impresa non dappoco e sicuramente di grande merito quella avviata dalla Fondazione Ermitage Italia, con sede a Ferrara, e dall'editore Skira per pubblicare il catalogo delle collezioni del Museo Statale di San Pietroburgo. Dopo il volume dedicato alla Scultura italiana dal XIV al XVI secolo, ha visto la luce qualche mese fa quello su La pittura italiana del Seicento. Frutto delle ricerche assidue di Svetlana Vsevoložskaja, scomparsa nel 2007 prima di completare l'ardua fatica, il catalogo, dopo un saggio dedicato alla storia della collezione ed ai collezionisti russi, illustra più di 300 opere e si presta ad essere un dovizioso repertorio che sarà oggetto, come é giusto che sia, di discussioni, precisazioni e nuove attribuzioni.
Il tesoro d'arte – Gemma della pittura italiana del Seicento all'Ermitage é senza dubbio il Suonatore di liuto del Caravaggio, già posseduto dal banchiere Vincenzo Giustiniani, collezionista tra i più entusiasti dell'artista milanese; tuttavia, provenienti da raccolte prestigiose
conservate nei palazzi degli zar e della nobiltà russa che, soprattutto dopo la metà del XVIII secolo, acquistarono in tutta Europa intere collezioni tramite propri inviati, non sono poche le opere veramente di alta qualità. Mi sembra giusto citare il teatrale Martirio di Santo Stefano di Pietro da Cortona, i numerosi Luca Giordano, la fremente Assunzione della Vergine del Guercino, tanti Carlo Maratta fra cui un lucido ritratto di papa Clemente XI e una delle due versioni (l'altra é agli Uffizi di Firenze) con l'Autoritratto sul cavalletto di Annibale Carracci.
Ma é questa solo una personalissima e limitata scelta. Tutte le più importanti scuole pittoriche d'Italia sono rappresentate nel museo, con punte di rilievo per la bolognese, la romana, anche con qualche caravaggesco francese, e la veneta, però non inclusa nel volume Skira in quanto oggetto di una precedente pubblicazione; tuttavia anche quella napoletana e quella genovese,
sorprendentemente, merito di appropriate attribuzioni proprio in occasione delle ricerche per il catalogo, non sono da meno.
Quei lombardi che mancano all'appello – Rara, invece, è la presenza di opere lombarde: nessun Cerano, né Morazzone, né Daniele Crespi. E non riesco proprio a capire perché non siano pubblicati i ben quattro, notevoli Giulio Cesare Procaccini (un Matrimonio mistico di Santa Caterina, una Maddalena, una Sacra Famiglia con San Giovannino e un angelo e una Madonna col Bambino) resi noti da Hugh Brigstocke sul catalogo della mostra Procaccini in America apertasi nel 2002 a Londra e a New York. In compenso c'é un Francesco Cairo (ma perché chiamarlo ancora "del Cairo"?) con un Ritratto di poeta (cat. 15) che già Francesco Frangi nella sua monografia considerava "la redazione migliore di questa enigmatica immagine" più volte replicata; ci sono anche una Visione di San Gregorio (cat. 93), assegnata dubitativamente a Melchiorre Gherardini (a me però non pare) e una tela proveniente dalla Malmaison di Giuseppina di Beauharnais raffigurante Giuseppe e la moglie di Putifarre (cat. 178) di Carlo Francesco Nuvolone o del suo giro. Ed é tutto qui.
Una personale considerazione – Io annetterei fra i pittori lombardi, più che fra i romani, anche Giuseppe Vermiglio che una lunga tradizione voleva piemontese di Alessandria, ma che, se non é ancora certo che nacque a Milano, comunque in questa città e in cantieri importanti del Ducato fu molto attivo dopo il soggiorno a Roma
Bambino e San Giovannino
dove rimase suggestionato dal prepotente naturalismo del Caravaggio.
Tuttavia il consesso di sette apostoli (cat. 283) conservato fino al 1931 nella residenza di Gatčina prima di raggiungere le sale del museo sulla Neva, mi sembra alquanto distante da quelli che si vedono in due opere sicure di questo artista: l'Incredulità di Tommaso in San Tommaso dei Cenci a Roma e l'Ultima Cena dell'Arcivescovado di Milano. Piuttosto, perché non considerare lombarda, e non di scuola bolognese, la Madonna col Bambino e San Giovanni Battista bambino (cat. 192) acquistata in Italia per conto del museo dal principe Trubetskoj? L'elegante profilo della Vergine ricorda figure femminili dipinte da artisti lombardi tra Cinque e Seicento mentre i due bambini rimandono palesemente ad una invenzione leonardesca.
Per dare paternità alle numerose opere di pittori non identificati sarebbe bello che ci fosse ancora Roberto Longhi con il suo occhio, le sue curiosità, le sue attenzioni verso artisti di cui, ai suoi tempi, s'era perso il gusto e la nozione. Ma Longhi da quarant'anni riposa nel cimitero degli Allori di Firenze. Toccherà dunque ai suoi allievi, e già agli allievi dei suoi allievi, completare il lavoro: egregiamente come ormai ci hanno abituato.