Qui si fa l'Italia o si muore – Imballato a dovere, custodito in una gigantesca cassa fatta costruire per l'occasione, il monumentale dipinto di Eleuterio Pagliano, Lo sbarco di Garibaldi a Sesto Calende, si è mosso nei giorni scorsi da Villa Mirabello per raggiungere i Musei Civici di Palazzo Te a Mantova. Destinazione la grande mostra "La nazione dipinta. Storia di una famiglia tra Mazzini e Garibaldi" (14 ottobre – 13 gennaio).
Epistolario illustrato – Tra i vanti delle collezioni civiche varesine, l'opera di Pagliano, 6 metri per 260 centimetri, va ad aggiungersi al novero di alcuni tra i massimi rappresentanti di quella stagione ottocentesca che figurativamente fa da controcanto alle vicende sociali, politico e militari che hanno fatto l'Italia negli anni cruciali delle guerre di indipendenza e dell'Unità. Questo il fil rouge della mostra mantovana, che segue l'itinerario famigliare di un nucleo, quello dei Sacchi, di Mantova appunto, ricostruito attraverso lo studio di un epistolario di circa 15 mila lettere 'illustrate' da oltre cento opere fra dipinti, sculture, fotografie, documenti e libri, articolato in otto sezioni dedicate agli argomenti storici tradizionali e a tematiche meno indagate: l'intreccio tra amor di patria e amore romantico, le passioni del Quarantotto, le cospirazioni mazziniane, la partecipazione delle donne tra patriottismo ed emancipazionismo, l'epopea garibaldina, la scienza positivista e la scoperta, dopo l'unità politica, di un'Italia reale di poveri contadini, di matti, di un'infanzia senza alfabeto.
Romanzo corale – Il Pagliano farà mostra di sé accanto a opere di maestri quali, Francesco Hayez, i pittori-soldati Domenico e Gerolamo Induno, Stefano Ussi, Sebastiano De Albertis, fino ai macchiaioli Odoardo Borrani, Adriano Cecioni, Silvesto Lega e Telemaco Signorini. In pochi crediamo, pur non avendo ancora visto mostra e catalogo, possono raccontare in forma così epica e popolare, la densità partecipativa di quegli anni e di quei fenomeni, come l'opera varesina. Una sorta di romanzo storico e corale, raffigurante più di 70 personaggi riconoscibili, dal generale nizzardo ritto al centro dell'opera, a Nino Bixio, ad Ernesto Cairoli, allo stesso Pagliano.
O tempora, o mores – Il grande quadro era già stato oggetto di molteplici interessi 25 anni fa, nel 1982, primo centenario della morte di Garibaldi, quando fu sottoposto ad un intervento di restauro e ad un accurato studio da parte dell'allora conservatrice dei Musei Civici, la dottoressa Laura Basso. Nella nuova ricorrenza, calato il silenzio, quasi imbarazzante, sul generale che pure fu il primo ad avere la cittadinanza onoraria varesina, l'opera torna al centro dell'attenzione. Non fosse che per l'eccezionalità del trasporto, avvenuto sotto la supervisione della responsabile della conservazione delle opere museali, Emanuela Bertoni, e per l'amara constatazione che intorno a quell'opera si sarebbe potuto ancora dire qualcosa.