Vittorio SgarbiVittorio Sgarbi

Istintivamente lombardo – Un Tavernari che avverte il ruolo sociale dell'artista, il suo posto nel mondo, di fronte al presente. Che sceglie il moderno, "vuole il moderno", perché espressione del presente, ma senza rinnegare "ineluttabili e dinamici" legami di necessità con il passato e la tradizione. Uno scultore, dall'alto della sua intelligenza e cultura artistica, tuttavia concreto, limpidamente ed istintivamente lombardo.

Creatore di emblemi – E' Vittorio Tavernari visto da Vittorio Sgarbi, nel breve testo che va ad introdurre la mostra che si inaugura mercoledì 12 settembre in galleria Ghiggini. Icastico, senza soffermarsi sull'opera, quanto sullo spirito che informa il procedere, i presupposti che ne pervadono il lavoro di isolato, mai disposto "sulla scia più vantaggiosa", creatore di emblemi di umanità, archetipici, nella ieraticità, nella sofferenza, come nella speranza.

V. Tavernari, FiguraV. Tavernari, Figura

L'urgenza del presente – "Mi ha sempre impressionato, in Vittorio Tavernari, – scrive il critico – la straordinaria duttilità, la consapevole necessità di adattarsi a tempi e gusti in continuo mutamento, che ne ha caratterizzato al di fuori delle mode la quarantennale, vivacissima carriera (…) Una disposizione che avverte piuttosto l'urgenza del
presente, in maniera intensa e ricorrente". Una chiave di lettura già messa in luce da una vasta letteratura.
Al di là del brodo di cultura in cui Tavernari si è trovato ad operare, specie nel dopoguerra, tra neo-picassismi, l'innamoramento di molti – anche suo, seppur fugace – per Moore, il sorgente clima informale, l'identità e l'originalità del faccia a faccia dello scultore varesino con la propria opera, la superficie, è totale, fino a quei meravigliosi paesaggi sismici che sono i suoi torsi, o i suoi calvari degli anni Sessanta.

Il non finito – Cita anche Michelangelo, Sgarbi, alludendo a quella  sgranatura da non finito che accompagna alcune opere del Nostro, basti pensare solo a Il Fiume, della collezione Panza, o i Due Nudi della Fondazione Pagani a Castellanza, che non ti verrebbe mai da spiegarne le ragioni come un omaggio o peggio una citazione al Maestro fiorentino da parte di Tavernari, "insensibile – scrive ancora lo storico dell'arte – al compiacimento del riferimento dotto".

V. Tavernari, Legionario feritoV. Tavernari, Legionario ferito

Il legionario e la figura – Come anticipato, Sgarbi porta in dote a Varese due opere della sua collezione: il Legionario ferito, del 1940, splendida prova del ventunenne Tavernari, che risente, eccome, del fresco apprendistato presso Francesco Wildt, figlio di Adolfo, come il padre impegnato nell'educazione alla Scuola del Marmo milanese e ad una concezione per sintesi della plastica. L'altra opera, Figura, 1945, è totalmente calata nel clima di rifiuto della bella arte, polita e levigata; una femminilità totemica, lignea, pregna di umori e asperità primitive e ancestrali.

La necessità della Historia – Opere di uno scultore ancora alla ricerca della sua via più definitiva. Che arriverà, nella pratica scultorea, così come in quella, non solo preliminare, della grafica e nella contaminazione con le altre espressioni, letteratura e musica in testa. Ma sempre con quella fedeltà a se stesso e ad un sentore primo: "La necessità della historia – conclude Sgarbi – della narrazione, secondo una visione che privilegiava la nobiltà del contenuto".

Vittorio Tavernari. La scultura come vita
Galleria Ghiggini -piazza Albuzzi Varese
a cura di Vittorio Sgarbi
Orari mostra: da martedì a sabato, ore 10.00 – 12.30 / 15.30 – 19.15
info: 0332284025
galleria@ghiggini.it.
www.ghiggini.it