Alchimie del destino – Ci sono a volte, tra un' esistenza e l'altra, coincidenze particolari. Non importa che quelle vite mai abbiano avuto l' occasione di sfiorarsi fisicamente tra loro. Ma capita che l'incontro avvenga comunque, anche a distanza di anni, per le alchimie di un destino che sa annullare i secoli manovrando la macchina del tempo. Ne abbiamo avuta la certezza anche noi, sfogliando un volume di parecchi anni fa.
La battaglia di Ponte dell'Ammiraglio – Ed ecco il caso. Prima coincidenza, un quadro. Capita tra le mani una pubblicazione del 1984, una edizione fuori commercio che s'intitola "Guttuso, la battaglia di Ponte dell'Ammiraglio", pubblicata da Edicigno di Roma.
Il volume racconta la genesi del celebre dipinto guttusiano attraverso la pubblicazione di cinquanta disegni preparatori dell'opera. Ma contiene anche un testo dello stesso artista, oltre al racconto "in diretta" del garibaldino Giuseppe Cesare Abba – autore di quello che è ritenuto il più famoso diario sull'impresa dei Mille – e una dotta prefazione di Giovanni Spadolini sulla "contemporaneità" della storia.
Il valore civile dell'arte – Da storico e giornalista, Spadolini fiuta e svela il senso dell'intreccio tra storia e vita: quella di due eccezionali personaggi, Guttuso e Garibaldi, uniti a distanza di un secolo dalla comune passione politica.
E nella disamina del grande olio guttusiano illustra ai lettori come il pittore di Bagherìa abbia voluto avvicinare tra loro due fondamentali momenti della storia del nostro Paese, Risorgimento e Resistenza, attribuendogli, anche visivamente, la consistenza eterna di ciò che resta attuale: " Tutto è sempre contemporaneo. E il fatto che in quel quadro Guttuso riproducesse Vittorio Vidali, il leggendario Carlos della guerra di Spagna, o Luigi Longo, il capo delle formazioni partigiane dell'Alta Italia, non voleva dire in nessun senso – spiega Spadolini – un'indulgenza agli anni in cui l'opera nacque. Voleva dire collegare il primo al secondo risorgimento, voleva dire avere coscienza, e magari coscienza istintiva, di quella che Croce avrebbe chiamato la ‘contemporaneità' della storia. Opera d'arte, ‘La Battaglia di Ponte dell'Ammiraglio' è anche un ‘opera di alta documentazione civile . E di alta passione civile. L'arte, nei suoi momenti più alti contribuisce sempre all'avanzamento di una nazione". Che si debba ripartire da qui, da altri Guttuso, da altri Spadolini? Se mai ce ne fossero…
Il ricordo di nonno Ciro – Ma torniamo alle coincidenze. Seconda coincidenza, la terra siciliana. E' dalla Sicilia, la patria di Guttuso, che Garibaldi risale la penisola, portandosi dietro tanti picciotti e soldati desiderosi di libertà. Tra loro è anche l'ufficiale garibaldino Ciro Guttuso, nonno del pittore.
All'avo ufficiale l'artista dedica il volume, ricordando come l'opera gli fosse stata suggerita da una frase di Delacroix, relativa al grande sentimento di fare delle pitture di storia. E aggiunge: "In un momento in cui infuriava l'arte astratta ho pensato fosse giusto fare un quadro storico, un quadro che mi era congeniale per fatti di famiglia. Il ricordo va a mio nonno garibaldino che aveva combattuto a Ponte Ammiraglio, ufficiale con La Masa, e che era andato incontro a Garibaldi a Calatafimi. Io stesso, quando ero bambino, giocavo con le medaglie di mio nonno".
Gli unici, ad honorem – Terza coincidenza, la terra varesina. Guttuso riceve nel 1983 la cittadinanza onoraria da Varese, città garibaldina per eccellenza. E infatti le cronache sottolineano come a ottenerla prima di lui, nel 1860, sia stato il solo Garibaldi. L'eroe dei due mondi, entrato nel cuore di Varese a cavallo, da liberatore, l'anno precedente, fu accolto dal podestà Carlo Carcano. Chi ha letto le cronache del sacerdote Della Valle e della scrittrice Felicita Morandi sa dell'aiuto fornito dai cittadini in quei giorni, dell'entusiasmo con cui salutarono Garibaldi, e delle prove e dell'impegno coraggioso dimostrati nei giorni della battaglia.
Bagherìa, Varese – Quanto a Guttuso, anche lui, quando nell '83 ottiene la cittadinanza onoraria, può ormai dirsi varesino a pieno titolo. Da anni ha infatti studio a Velate. Di Velate ha ritratto i suoi tetti infuocati – sullo sfondo la sagoma imponente del monte Rosa, fissata nell'atmosfera rarefatta del tramonto – non troppo dissimili da quei tetti di Sicilia tanto lodati da Spadolini nella memorabile mostra romana "Pittura garibaldina da Fattori a Guttuso" di Mario Durbè.
Il rammarico – Quarta e, forse ultima, ma non meno rilevante coincidenza. Ricorrono, proprio nel 2007, vent'anni dalla morte di Guttuso e duecento dalla nascita di Garibaldi.
Poteva valere la pena che Varese, avendoli riconosciuti entrambi come figli adottivi, li celebrasse, in qualche modo, insieme. Gli spunti non mancano. E sarebbe stato un nuovo incontro per i due grandi G.