Milano – A pensare cosa avevano visto dell’arte di Picasso i milanesi nel 1953 nello stesso palazzo dove ora è ospitata la mostra Picasso Metamorfosi (Ovidio docet), vengono i brividi. Nella Sala delle Cariatidi, ridotta a rovina dai bombardamenti del 1943, troneggiava, sola, Guernica, testimonianza stordente dei disastri della guerra e protesta strenua contro di essa, e, nelle altre sale, tanti, ma proprio tanti, capolavori dell’artista che, stupiti, fors’anche perplessi, i milanesi impararono a conoscere.
Irripetibile certo quella mostra così che ora, per far ammirare le opere del maestro di Malaga si preferisce scegliere e approfondire talune angolature tematiche, ad esempio i motivi e le testimonianze che furono per lui fonte primaria di ispirazione. Anche la rassegna attuale, a cura di Pascale Picard e con catalogo di Skira, segue codesto indirizzo, radunando un centinaio di opere provenienti dal Musée Picasso di Parigi, non
famosissime, ma comunque significative e sempre pertinenti al tema, messe accanto ad altrettante testimonianze del mondo antico, dalle statuette preistoriche agli affreschi di Pompei. Mondo antico, ma allora moderno, proprio come è sempre stata moderna la pittura di Picasso che fin dagli anni della giovinezza, arrivato a Parigi da Barcellona, si fermava al Louvre nelle sale dell’arte primitiva o di quella classica, entusiasmandosi per quelle forme sprigionanti una forza interiore che egli sapeva cogliere e far diventare sua.
Con siffatta impostazione la rassegna di Palazzo Reale – c’è tempo per visitarla fino al 17 febbraio del 2019 – lungi dal voler essere un’antologica di capolavori del maestro, è da visitare per l’impegno con cui riunisce meticolosamente forme e decorazioni create tanti secoli fa, addirittura millenni, forme e decorazioni che poterono impressionare e coinvolgere Picasso. Coinvolgerlo al punto da ispirargli opere scabre, tese, convulse, sospese a volte tra violenza e languore. Al silente mistero che promana da esili statuette di terracotta o di bronzo Picasso rispose cogliendo proprio tutta la loro energia che poi, a modo suo, riportò sulle tele e sulle lastre. Nacquero in tal modo opere sempre di accento forte aventi a soggetto figure di donne e uomini nudi, allusive dell’amore e della creazione, i mitologici fauni (come non ricordare a questo punto Debussy e il suo Prèlude?) e il Minotauro, figura che affascinò particolarmente Picasso per la sua forza primitiva e qui mi sembra stia bene accostare Le Sacre di Stravinskij.
A Milano le opere dell’artista sono disposte accanto alle remote testimonianze che le hanno suggestionate così da far intendere sia il perché di certe proposte e soluzioni avanzate dal pittore, sia la loro espressività tanto intensa. Se la mostra la si guarda con questo spirito, tentando di cogliere il filo sottile eppure forte di questi accostamenti, allora si uscirà da essa soddisfatti. Se ci si aspetta invece una sfilata di opere di Pablo Picasso, allora, cari signori e care signore, è meglio scegliere altre rassegne. Che a Milano del resto non mancano.
Giuseppe Pacciarotti