Milano – Continua la ricerca della galleria Maroncelli 12 alla scoperta dei “maestri” dell’Outsider Art italiana. Questa volta l’attenzione si è concentrata sull’opera di Raffaele Capuana, un artista defilato, misterioso, ancora poco conosciuto, che ha dipinto febbrilmente tutta la sua vita in isolamento.
La mostra a lui dedicata, “Il rosso è un colore che non conosco” in apertura nello spazio espositivo di via Maroncelli il 18 maggio (con inaugurazione alle 18.30) presenta una trentina di dipinti di diverse dimensioni, realizzate dai primi anni ’90 al 2016.
“Siamo onorati di dedicare una personale a questo artista siciliano, milanese di adozione, – sottolinea Antonia Jacchia titolare della galleria – ringraziando per la collaborazione il collezionista ed ex gallerista Paolo Pocchini e l’Osservatorio Outsider Art, che ha pubblicato un importante testo a firma di Giorgio Seveso (Osservatorio Outsider Art, n. 20, pag 56).
Capuana nasce nel 1947 a Carlentini, in provincia di Catania, ultimo di tre figli. Il padre dipinge per passione ma la madre decide di lasciare la Sicilia e trasferirsi a Milano per sottrarre i figli dal difficile rapporto con il marito. Raffaele soffre molto per questo allontanamento dal padre al quale rimarrà legatissimo per tutta la vita. Parte forse da qui l’angoscia e quel senso di vuoto che con profonda visionarietà l’artista riesce a tradurre in segni suggestivi su una tavolozza cromatica dai colori pastosi.
A Milano Capuana frequenta la scuola fino alla terza media. Ed è durante il servizio militare nel 1967 che comincia a presentare segni di disagio psichico. Nel 1968 comunque inizia a lavorare alle Poste, si sposa e ha due figli. Di giorno lavora e di notte dipinge energeticamente e questa sottrazione di sonno non fa bene al suo stato di salute. Prima il divorzio, poi una serie di eventi dolorosi colpiscono Capuana: la morte della madre, del secondo figlio Tiziano e del fratello Salvatore che lo ha sempre sostenuto.
Attraverso l’arte inizia una riflessione sulla morte e sul disfacimento. Basti pensare alla serie degli Autoritratti (2005), ripetitivi, seriali, allucinati, disegnati in velocità sui foglietti di taccuino. Specchi di una difficoltà a ri-conoscersi. “Sul tema dell’autoritratto – scrive la storica dell’arte Bianca Tosatti sul testo in catalogo – penso che in molti foglietti di Capuana la mano si sia mossa senza essere guardata, per non interrompere la fissità di un’autocoscienza faticosamente autoriflessiva come un sismografo di processi percettivi più nebulosi e indefinibili”.
Le sue opere testimoniano un insondabile tormento, una continua introspezione interiore da cui sgorga la fascinazione delle sue immagini, una sorta di diario quotidiano “degli impulsi più profondi del suo animo” scrive Seveso. “Ho l’impressione che nel dipingere e nel ridipingere (nelle sue ‘macchie’ insomma) abbia proiettato e fissato dei punti fermi della coscienza, abbia definito delle personalissime tavole d’orientamento, delle coordinate emotive nella tormentosa geografia del suo quotidiano”.
L’abuso di psicofarmaci lo costringe a molteplici ricoveri in ospedale psichiatrico dal 2005 al 2016. E sarà proprio questo, a detta dello stesso artista, il periodo di una sua più intensa e intrigante produzione artistica. Compare il tema delle teste di pesce. “Sono presentate su fondi pastosi di bellissima materia cromatica in cui si potrebbe sprofondare ed è proprio in questi fondi che si avverte una sapienza pittorica forte” scrive Tosatti. E poi le lische di pesce. Seriali, ripetitive, quasi ossessive, Capuana continua a girare intorno a queste immagini con una tecnica straordinaria e una profonda visionarietà. E così facendo rivela il proprio mondo fantastico e il proprio modo di percepire e trasformare la realtà. L’artista si serve di una libertà di espressione eccezionale per esprimere i simboli di una vita non facile e non felice. Simboli che sembrano interrogare lo spettatore che rimane incantato dalla potenza di quelle emozioni.
Capuana muore nel 2019 in Piemonte, dove si era trasferito due anni prima, accudito dalla ex compagna Vanna e dalla loro figlia Silvia.
“Bisogna guardarle da vicino queste opere luminose per riconoscere la loro qualità artistica, scoprire le virtù dei colori speciali che sfidano il tempo della pittura e dove c’è grazia inattesa che cancella i giorni tristi…” Ha detto dell’artista il critico d’arte Osvaldo Patani che per primo lo ha ri-conosciuto.
MOSTRE SELEZIONATE 2017 – “Raffaele Capuana. Disegni e guaches”, personale a cura di Paolo Pocchini, sala esposizioni Panizza, Ghiffa, Verbania 2010 – “Raffaele Capuana. Dipinti su carta”, personale a cura di Paolo Pocchini, Donec Capiam Studio, Milano 2006 – “Vite silenti”, Albisola. Collettiva che l’anno successivo viene esposta al Centre Culturel de la Providence di Nizza Testo in catalogo di Bianca Tosatti.
La mostra di Capuana (1947-2019) rimarrà in calendario sino al 27 settembre. Orari di apertura della galleria: da martedì a venerdì 15-19.