I risultati prima dello stop – La Chiesa di Sant'Antonio alla Motta è da un anno ormai nelle mani dei restauratori. Una interruzione in questi giorni di festa dedicati al santo patrono del tempio, sotto l'ombra del recente no da parte di Regione Lombardia alla richiesta di contributo per i costi dei lavori. Uno stop, in ogni caso, temporaneo. Tra qualche giorno riprenderanno i lavori. Non si conosce ancora la data di chiusura cantiere. Da questo punto di vista dunque nessuna novità da parte di Angela Baila, architetto alla direzione del progetto.
L'interno dipinto – E' il mattino di marcoledì 16 gennaio, primo giorno di festa. Entrando nella chiesa varesina, uno spiraglio di luce dal soffitto della navata. Una parte di ponteggi è stata tolta per far ammirare una porzione delle raffigurazioni che decorano l'ambiente. E' la mano del figurista Giovanni Battista Ronchelli, artefice della volta della navata con la Gloria di Sant'Antonio. L'apparato decorativo interessato dal restauro comprende anche il coro con la Gloria di Sant'Antonio, anch'essa eseguita dal Ronchelli e il pregevole quadraturismo di Giuseppe Baroffio, caratterizzato da grandiose illusioni architettoniche. In progetto per il futuro anche il restauro delle statue in terracotta, opere di Dionisi Bussola, recente attribuzione il cui merito va ascritto a Silvano Colombo, conservate in quattro nicchie ai quattro angoli dell'aula.
Ricapitolando – I lavori di restauro conservativo delle opere pittoriche è stato affidato alla società varesina Arkè. E' il responsabile, Fulvio Baratelli, a spiegarci come procedono i lavori. "Di tutta la superficie interessata ai restauri, 2/3 è già stata pulita, cioè la volta della navata e il coro. Perciò il lavoro di pulitura è a buon punto, poi mancherà la fase di consolidamento che coinvolgerà tutta la decorazione, ma che finora ha toccato solo parte della volta".
Lento ma degno inizio – Non è una novità il fatto che le immagini che impreziosiscono la chiesa della Motta, non siano state eseguite secondo la tecnica dell'affresco. "Per la decorazioni è stata utilizzata soprattutto la tempera a calce. Questa colorazione, a differenza dell'affresco, non penetra nel muro e quindi già di per sè è molto meno resistente. In aggiunta a questo dato, gli interventi di restauro che sono stati eseguiti nell'edificio ormai anni fa hanno visto l'utilizzo dello smalto. Uno strato pesante su una base debole. Interventi di restauro, in più casi volti a colmare lacune, non si limitavano alle zone 'bisognose', ma si estendevano oltre. Se per esempio si presentava una lacune in una parte di un mantello, lo smalto veniva aggiunto su tutta la superficie del mantello stesso".
Adeguarsi alla tecnica – "Proprio su questi interventi posticci a smalto, l'intervento è molto delicato. Sono strati difficili da togliere anche usufruendo di nuove tecnologie come il laser. Si devono quindi ammorbidire e riuscire a togliere solo la pellicola superficiale".
200 prove – L'edificio dedicato a Sant'Antonio conserva alcuni dei cicli pittorici più importanti di Varese. E' anche questo uno dei motivi che ha portato la Sovrintendenza a seguire nel dettaglio, tra schede, fotografie e sopralluoghi, i lavori di intervento fin dall'inizio. "Abbiamo fatto più di 200 prove di pulitura", sottolinea Baratelli. "La tecnica esecutiva come detto non è uniforme. La presenza di tempera a calce è sviluppata 'a macchia di leopardo'. Ogni zona quindi richiede un intervento differente. Da qui la necessità di così tante prove". Per quanto riguarda i metodi usati, il restauratore ricorda che il 30% della superficie è stata curata con i laser, ma la maggior parte, il 70% con tecniche tradizionali. Ad attendere i restauratori è un lavoro ancora lungo. Ma i risultati saranno all'altezza delle attese, vista la meticolosità con cui procedono i restauri.
Per approfondire – Domenica 20 gennaio alle ore 17.00 ci sarà all'interno della Chiesa di Sant'Antonio alla Motta un incontro dedicato all'illustrazione degli affreschi curato da Angela Baila.
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