Davvero in Italia – come sostiene Tomaso Montanari – quando si parla di storia dell'arte tutto è possibile?
Davvero il giornalismo storico-artistico è defunto o affamato solo di grandi eventi? La comunicazione culturale fa solo la escort della vita pubblica, agitando il megafono celebrativo o è ancora una disciplina umanistica pensante?
Partiamo da questa provocazione per allontanarci dal "circo mediatico" e per occuparci, invece, di una professione affascinante e densa di sacrifici, entusiasmante e spesso relegata al silenzio: il restauro.
Valeria Villa, professionista di Varese, ha curato, insieme ad altri esperti e studiosi, il restauro di sette preziose tavelle lignee del pittore cremonese Bonifacio Bembo. Le opere saranno esposte sino al 28 febbraio nelle vetrine delle sale 2 e 3 (le stesse che ospitano dipinti del Botticelli e del Bramantino) alla Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.
"Le tavolette – spiega Valeria Villa – si trovavano in uno stato conservativo davvero precario. Ma la prima sfida è stata quella di trovare uno sponsor per finanziare la campagna diagnostica, la ricerca preliminare e il restauro. Si tratta di opere inedite; sta per uscire uno studio di Marco Tanzi che approfondirà anche gli aspetti storici, l'attribuzione, l'analisi delle tavolette e diversi confronti stilistici. Solo la conoscenza e lo studio ci permettono di uscire dal cosiddetto circo mediatico e di riconoscere un manufatto per il suo pregio storico ed estetico. La scienza (chimica e fisica), l'alto artigianato e la tecnologia sono al servizio dei restauri rigorosi e filologici che rinunciano a colmare le lacune a tutti i costi".
Conoscenza, studio, alta professionalità, sostegno economico e nessun accanimento terapeutico. Ecco le principali chiavi di interpretazione della professione del restauratore. "Nel comparto culturale – commenta Valeria Villa – l'unione fa la forza. Soprattutto nei momenti di crisi, l'investimento e il sostegno al settore delle arti, da parte di aziende ed istituzioni, diventa ancora più prezioso e proficuo, oltre che insostituibile strumento per generare nuove professionalità e occupazioni".
"L'allestimento della mostra aperta in Ambrosiana è davvero magistrale". I dipinti esposti in occasione del recente restauro, riportano ritratti ideali di giovani, abbigliati secondo la moda della corte di Francesco Sforza: uomini e fanciulle indossano la giornea, una sorta di tunica smanicata e aperta sui fianchi, foderata di pelliccia, dalla quale emergono le maniche della sottostante veste in broccato. Tutti i personaggi, sia maschili che femminili, ostentano il medesimo vistoso gioiello appuntato sopra la fronte tra i capelli, sul petto o su una spalla. Il monile è noto come il fermaglio "con l'angelo", una tipologia esemplificata
del "fermaglio da spalla" riprodotto nel Ritratto di Bianca Maria Visconti.
Le sette tavolette attribuite a Bonifacio Bembo protagoniste della mostra fanno parte della collezione di Ludovico Pogliaghi. Artista eclettico e assai fecondo – tra le sue numerosissime opere ricordiamo qui solo la porta centrale del Duomo di Milano, la porta centrale di Santa Maria Maggiore in Roma e la Cappella del Sacramento nella Basilica del Santo a Padova – , Ludovico Pogliaghi acquistò nel 1885 una casa sul Sacro Monte di Varese, ove, nel corso degli anni, raccolse una cospicua raccolta artistica.
Poiché questa raccolta era concepita dall'artista in primo luogo come una fonte di ispirazione, essa è assai poliedrica e variegata: vi si trovano infatti dipinti e sculture, sarcofagi egizi e antichi manufatti, vetri e monete, rarità e cimeli. Si veniva così a costituire una dimora che era insieme museo e laboratorio artistico. Sin dal 1904, dopo un incontro con Achille Ratti, allora Prefetto dell'Ambrosiana, il Pogliaghi cominciò a coltivare l'idea di donare la sua casa con le collezioni annesse alla prestigiosa istituzione fondata da Federico Borromeo, inizialmente ad uso esclusivo del Collegio dei Dottori, senza prevedere un'apertura al pubblico.