Alassio d’inverno: se non “è solo un film in bianco e nero visto alla tv”, come cantava la Bertè, certo non offre grandi cose. Soprattutto quando finisce la passeggiata sulla spiaggia, sfiorando le onde e guardando le nuvole che passano, passano. Allora convien volgere le spalle al mare e, più del passeggio annoiato nel budello, dove son tanti i negozi chiusi – per covid, per ferie o per “cambio stagione” –, andare alla ricerca di angoli che possono riservare sorprese.
È il caso, per esempio, della Richard West Memorial Gallery che ha sede insieme con la English Library in un delizioso edificio “Old England” all’inizio di viale Hambury. La custodisce una gentile signora che informa con discrezione, ma anche con non celato orgoglio, sulla ricchezza del patrimonio librario – seconda con i suoi 15.000 volumi in lingua solo a quella di Firenze – e sulla figura del pittore Richard Whateley West, invitando poi ad ammirare, con calma e nel silenzio, le opere lasciate da sua figlia Kay alla città di Alassio: sono 73 e tutte si apprezzano davvero, non solo per la discreta qualità pittorica, ma anche perché ci riportano in un mondo bello e perduto dove veniamo sottilmente coinvolti.
Un tipo originale questo Richard West nato a Dublino nel 1848, severo insegnante in “colleges” prestigiosi e, fin da giovane, appassionato dilettante di pittura. Nel 1885 venne in Italia a scoprire le sue bellezze e in questa terra non visitò solo musei, palazzi e rovine antiche, ma si perse davanti agli scenari meravigliosi della natura, florida, opulenta e inondata di calda luce, e del colore inimitabile dell’acqua del mare. In questo splendore gli dovette apparire anche Alassio dove decise di restare per sempre anche se gli capitò di morire, improvvisamente, nel 1905 a Fiesole, del resto altro luogo molto amato dagli inglesi.
Nella cittadina ligure, allora di bellezza smagliante, ritrovò il desiderio, direi quasi l’urgenza, di dedicarsi completamente alla pittura e gli fu utile allora l’amicizia con Alberto Beniscelli ed Ettore Morteo, due artisti del posto forgiati alle solide basi dell’Accademia Ligustica di Genova, che lo indirizzarono su come aggiungere nuova vitalità ai suoi lavori. Così rinfrancato prese a dipingere in solitaria ricerca “sur le motif”, pedalando per trovare spunti e ispirazione in lunghe biciclettate; in salita da Alassio alle verdi vallate dell’entroterra o lungo la costa, fin giù a Bordighera dove un anno prima che lui arrivasse in Italia si era fermato Claude Monet per fermarla nella sua luce diafana e vibrante.
Ma la strada di West non si incrocerà con quella degli impressionisti e rimarrà sulla scia ormai assestata del paesaggio tardo romantico, una strada portata avanti nel fermarsi a dipingere con devozione innamorata e con piacere narrativo, e rappresentativo, angoli che solo lui sapeva cogliere nella loro bellezza, sia sulla assolata costa dove le barche approdano e salpano e i pescatori sono intenti al silenzioso lavoro di sempre, sia dove il mare si intravvede dall’alto, fra il fitto dei boschi, e la vita è quella, altrettanto dura, dei contadini.
Il mondo di Richard West stava tutto qui; proprio non gli interessava il pittoresco ad ogni costo, l’angolo celebrato o le architetture evocative. Erano d’altra parte soggetti amati anche dai suoi conterranei che sulla Riviera avevano scelto di vivere almeno nei mesi tepidi dell’inverno, creando ville lussuose e sontuosi giardini proprio a pochi passi da dove la gente, gli ambienti e le usanze erano quelli fermati sulla tela da Richard West venuto ad Alassio per restarne conquistato.
Giuseppe Pacciarotti