Dopo aver constatato che "la città di Varese sta finalmente comprendendo che Villa Panza è un punto di orgoglio per la collettività varesina, perchè soprattutto le ultime mostre hanno creato un movimento di pubblico portando Varese alla ribalta", ha annunciato una imminente giornata di riflessione per ripensare all'avvenieristico progetto che già nel 2008 aveva scatenato polemiche. Si tratta di cinque nuove stazioni ipotizzate dal conte Panza e affidate ad artisti e architetti di fama mondiali, tra i quali l'architetto giapponese Tadao Ando, un "nuovo Sacro monte" dal piazzale al Campo dei Fiori.
"Il Sacro Monte può essere considerata una strepitosa opera di land art, – spiega Magnifico – quel segno, quella doppia curva, così forte inflitto, scavato nella motagna per metterci delle stazioni, è un intervento che si lega ad un concetto culturale religioso e tremendamente fisico. Sarebbe una cosa meravigliosa poter riprendere il progetto che aveva pensato il conte Panza per il Sacro Monte, un gesto artistico che non si dissocia da quelli di quegli artisti presenti in collezione Panza. Sono stazioni spirituali meditative, una cosa unica al mondo, sarebbe una cosa planetaria, un Sacro Monte del Seicento che viene continuato non con delle cappelle confessionali cristiane ma con luoghi per meditare sull'aldilà. Sarebbe un'opportunità straordinaria, con con 5 o 10 milioni di euro si fa. Ci sono nessi spirituali e culturali che ci legano a questa realtà importante per la città, che noi vorremmo valorizzare, facendo sistema con la Curia, il Comune, la Provincia, la Regione".
Già nel 2008, come detto, ci furono dei no secchi, tra i quali quello di Philippe Daverio che intimò "Giù le mani dalla Sistina del Nord. Il Sacro Monte fu realizzato nel corso del Seicento e quelle sculture sono un museo a cielo aperto dove è custodita una sintesi della storia dell' architettura e della scultura di quel secolo: bisogna valorizzare queste cose, non fare pasticci"; con più di una riserva riguardo gli artisti coinvolti: "Non sono grandi artisti, sono prodotti di una scena commerciale newyorkese che sfrutta l' Italia per farsi pagare opere e farsi pubblicità. E' tutto mercato. Pagarli per quelle robe, è una cosa da provinciali, tipico di un Paese come l'Italia che in questo modo sta perdendo l' identità".