E' sempre con grande fascino e curiosità che si guarda agli scavi archeologici in corso d'opera, com'è il caso di San Biagio a Cittiglio, in questi ultimi anni sorprendente luogo di intriganti scoperte. Dalle viscere dell'antica chiesetta emergono uno dopo l'altro conferme ed inediti che arricchiscono un quadro già di per sé avvincente per quanti da tempo ne stanno ricapitolando la storia.
Facciamo un passo in dietro. La chiesa, arroccata sull'abitato e originariamente dedicata a Sant'Andrea, a partire dal XII secolo è attestata da una serie di atti documentali che la dicono edificata all'interno del castrum di Cittiglio, del quale oggi non sopravvivono palesi testimonianze strutturali negli edifici che ne occupano l'area. Fu una chiesa di fondazione privata, probabilmente eretta dal ramo originario dei domini locali dell'importante famiglia capitanale lombarda dei De Citillio.
L'archeologo Roberto Mella Pariani, che sta compiendo gli scavi sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia e coordinati dal funzionario Francesco Muscolino, ha così sintetizzato le fasi rilevate:
La prima campagna di scavo (2006-2009) ha accertato che la chiesa odierna è il risultato di una serie di interventi edilizi, a volte radicali, già sottesi dall'irregolarità di alcuni alzati murari. Intorno all'VIII sec. venne costruita la chiesetta, più piccola di quella attuale e dedicata a Sant'Andrea, intitolazione che poi venne persa nel tempo. La chiesa si presentava ad aula unica con orientamento contrapposto a quello odierno, con altare ed abside tradizionalmente volti ad est (sotto l'ingresso attuale) e portale di accesso ad ovest.
La chiesa della prima fase romanica (980-1020) parrebbe essere il risultato di un pianificato ampliamento dell'originario edificio altomedievale attraverso l'abbattimento e la ricostruzione del lato sud e dell'originaria facciata dell'aula sita a ovest. La base della nuova facciata romanica è stata posta in luce dagli scavi con il suo portale centrale di accesso, la relativa soglia monolitica e i due gradini di discesa all'aula. L'ampliamento romanico fu concomitante all'edificazione della torre campanaria.
Rientra forse in questa fondamentale fase edilizia della chiesa la realizzazione nell'area presbiteriale di un importante ciclo di affreschi. Dei perduti registri superiori del ciclo figurato lo scavo ha permesso di recuperare alcuni lacerti di intonaco collassato, relativi ad incarnati, panneggi e fondi ornamentali. Decisamente interessante il rinvenimento di ampi tratti di intonaco dipinto ancora aderenti alla muratura, relativi al registro inferiore del ciclo figurato. Si ha qui la rappresentazione di un velario che nel tratto sino ad ora evidenziato alla base del campanile (sembrerebbe infatti continuare lungo l'arco absidale celato da una successiva scialbatura) rappresenta la rara iconografia della Chimera.
In un ulteriore momento d'età romanica (seconda metà del XI secolo) si antepone alla facciata un massiccio corpo di fabbrica, sempre in muratura ad esclusivo impiego di pietra, di larghezza corrispondente a quella dell'aula romanica e profondità equivalente a circa la metà della stessa. Si tratta di un atrio o esonartece a specifica destinazione funeraria, evidentemente riservato ai famigliari discendenti dal fondatore dell'originaria cappella castrense.
Dagli antichi strati archeologici sono emerse ventiquattro sepolture, sia in nuda terra sia in tombe realizzate in posto con pietre locali. Tra queste, due, in particolare, hanno destato l'attenzione degli studiosi. La prima, risalente all'XI secolo, conteneva il corpo di un giovane uomo morto tragicamente: sul suo cranio sono state infatti trovate alcune ferite inferte dalla lama di una spada. La seconda conteneva invece il corpo di una donna morta a causa di una freccia che le trapassò il torace. A fianco infatti l'archeologo vi ha trovato la punta del dardo.
La facciata del nuovo avancorpo venne così a costituire la nuova facciata esterna della chiesa; posta in evidenza con i restauri dell'edificio degli anni 1980 e tutt'oggi visibile dalla sacrestia retrostante l'odierno altare seicentesco, la facciata è del tipo "a capanna".
Successivamente (prima metà del XIV secolo), nella chiesa si smantella il diaframma murario della prima facciata romanica, al fine di ottenere una nuova e più capiente aula per l'uso liturgico; tale intervento sottenderebbe l'avvenuto venir meno delle antiche prerogative di patronato con diritto di sepoltura dei famigliari discendenti dai fondatori della chiesa.
Una nuova campagna di scavi. Dal maggio 2016 è iniziata l'indagine dell'area cimiteriale esterna dell'abside medievale, fortemente voluti dalla parrocchia di Cittiglio e dai volontari del gruppo amici di San Biagio che hanno promosso diverse iniziative utili a raccogliere i fondi per finanziare l'operazione.
L'Università degli Studi dell'Insubria è già intervenuta per studiare i resti scheletrici umani che provengono dalle sepolture rinvenute all'interno della chiesa, ma è interessata a proseguire gli studi anche su eventuali altre sepolture presenti sotto il sagrato. Per questo ilprofessor Giuseppe Armocida, docente di Storia della Medicina, il professor Giovanni Bernardini, direttore del dipartimento di biotecnologie e scienze della vita, e il tecnico del dipartimento, Marta Licata – in collaborazione con il "Gruppo Amici di San Biagio" – hanno presentato un progetto sostenuto dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto.
«L'indagine odierna riguarda le sepolture poste immediatamente fuori dalla chiesa: lo scavo, infatti – riprendendo l'indagine di alcune inumazioni esterne già personalmente indagate nel 2009 – continua la dottoressa Licata – ha portato alla luce all'esterno un'area quadrangolare nelle immediate adiacenza dell'emiciclo della chiesa. Al di sotto di uno strato superficiale di spianamento dell'antico cimitero avvenuto presumibilmente nel XVII secolo e all'interno del quale sono stati recuperati numerosi reperti in giacitura secondaria (ossa umane frammentarie; monete e diversi manufatti metallici, chiavi di età rinascimentale in ferro, lame di coltello, un coltello intero con manico in osso, una fibbia di cintura in ferro, chiodi delle casse di sepoltura e un anello bronzeo) sono emerse alcune sepolture di età rinascimentale. Si tratta di tre inumazioni di individui adulti in cassa di legno e due inumazioni di infanti (un feto e un bambino dell'età apparente di 1-2 anni) uno dei quali deposto in una singolare struttura a doppio coppo (comuni tegole). Sotto quelle inumazioni – che sono di epoca rinascimentale – si scorgono preesistenti sepolture a loculo litico di epoca precedente che saranno oggetto di studio con il prosieguo dell'indagine» conclude Marta Licata.
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