La fondazione della chiesa dedicata a Sancti Leonardi si deve a Guido il Grande, conte di Biandrate, quasi nove secoli orsono. Della chiesa – un'unica navata conclusa da abside semicircolare – infatti non esistono testimonianze documentarie anteriori al XII secolo, mentre la prima citazione di Burgo s. Leonardi risale al 1198. L'esame delle strutture e del paramento murario, soprattutto della facciata, costituita da grosse e ben squadrate pietre, e il confronto con edifici quali San Martino a Gattico o San Giulio ad Orta, confermano una possibile collocazione cronologica dell'edificio ad un periodo compreso tra i primi decenni del 1100 ed il 1150.
Vincenzo de Vit, nelle sue Memorie redatte negli anni quaranta dell'Ottocento, annotava che la chiesa di San Leonardo "è notevole per le sue pitture, le quali come ché guaste dalle ingiurie del tempo, possono nondimeno offrire ancora allo studioso dell'antichità un qualche diletto. Le più meritevoli di considerazione, non per bellezza, ma pel metodo, sono le più antiche, dipinte sulla parete sinistra d'entrata, che sembrano segnare le primizie del risorgimento di quest'arte in Italia…".
Gli affreschi riscoperti sulle pareti e nell'abside della chiesa mostrano certamente i danni causati dal trascorrere del tempo e dai diversi interventi architettonici che hanno interessato l'edificio, ma rappresentano senz'altro un importante episodio della storia dell'arte medievale lombardo-piemontese. Gran parte di tale importanza è dovuta alla decorazione dell'abside con il Cristo pantocratore circondato dai simboli degli Evangelisti, e della parete sinistra della seconda campata, con l'Ultima Cena e il Tradimento di Giuda. Questi affreschi, databili alla fine del XIII secolo, sono stati attribuiti da Giovanni Romano al Maestro di Angera, cosiddetto perché affrescò le Storie della lotta tra Torriani e Visconti nella "Sala di Giustizia" del castello di Angera.
Gli affreschi nell'abside rispecchiano la classica suddivisione iconografica. Nello zoccolo troviamo un tema iconografico profano, un ciclo dei mesi; salendo troviamo una teoria di Apostoli che fa da base al Cristo in mandorla dipinto nel catino.
La rappresentazione del calendario dei mesi, identificati da specifiche attività stagionali, si definì iconograficamente in epoca carolingia, attraversando poi senza grandi innovazioni i secoli. Le cadute di intonaco hanno ridotto il ciclo a pochi frammenti: di aprile, maggio e novembre rimangono solo parti di iscrizioni, mentre di settembre resta il busto di un uomo sotto tralci carichi di grappoli maturi, di ottobre la testa di un uomo con berretto intento a battere i rami di un castagno con un lungo bastone.
Diversamente danneggiati anche in questo caso dalle cadute d'intonaco, la serie di dodici Apostoli si caratterizza per le differenti posture, più o meno frontali, a volte di tre quarti, e per gli sguardi e i gesti che si scambiano tra loro. I contorni sono ben marcati da una pennellata spessa, i panneggi sono ben evidenziati e il volume è dato anche dall'accostamento delle tonalità di colore e dalle lumeggiature bianche.
Una fascia di girali vegetali separa la serie degli Apostoli dal catino absidale. Al centro di questo vediamo Cristo in mandorla, benedicente, con un libro poggiato sul ginocchio sinistro. Qui la rigidità di figura e i gesti è maggiore ma la capacità tecnica del frescante riesce a introdurre in tale ieraticità un volto di Cristo estremamente naturale. Lo spazio interno della mandorla è decorato da due stelle ad otto punte, quello esterno, suddiviso in quattro parti, dagli esseri viventi dell'Apocalisse divenuti simboli degli Evangelisti.
Sulla parete destra il Maestro ha affrescato un'Ultima cena, vicinissima al realistico stile del ciclo dei mesi, e due episodi del Tradimento di Giuda, riconducibili alle scene di Angera. Le caratteristiche stilistiche unite a quelle tipologiche e l'apprezzabile tentativo di differenziare tra loro gesti e visi, rendono questi affreschi assai vicini a quelli del Maestro di Angera come cultura e datazione.