A tu per tu con Adelio Galeazzi, autore del libro "San Martino: la Chiesa e l'Altare monumentale".
Come nasce il libro?
Il mio libro è una raccolta di annotazioni del periodo scolastico e conservate per un periodo migliore. Questo lavoro è continuato fino alla pensione, momento in cui ho potuto sviluppare questa mia passione prendendo l'incarico di archivista della Parrocchia di Sessa.
Il mio hobby principale in questo ambito è la genealogia e mi reputo bravino, tant'è che insegno, faccio conferenze e molti sono quelli che partecipano alle mie lezioni.
Come la maggior parte delle parrocchie esiste una biblioteca contenente molti libri e, la maggior parte sono su microfilm, pertanto il mio lavoro è controllare che tutto questo materiale non sia in disordine.
L'archivio storico di Sessa e Monteggio affidatomi, risale al periodo susseguente al Concilio di Trento, attorno alla metà del 500'.
Si può dire che la raccolta è quasi al completo, tranne alcuni vuoti per colpa di qualche prete che non ha fatto il suo compito (mancava il Cardinale Borromeo a dare le legnate!). Ci furono preti che scrivevano bene, se non benissimo, per cui anche se scritti in latino la comprensione era comprensibile.
Purtroppo devo dire che altri documenti erano zeppi di strafalcioni e quindi come fonte non era attendibile anche perchè relative all'altare.
Nelle prime 30/40 pagine del libro mi sono preoccupato di mettere le basi sulle quali poggiare il resto della narrazione. Non si può descrivere l'altare solo dando uno sguardo, ma occorre inserirlo in un'epoca ben definita spiegando la situazione politica, storica e religiosa per il periodo di 150/200 anni che precedono la sua costruzione.
Il mio libro è una raccolta di annotazioni del periodo scolastico e conservate per un periodo migliore. Questo lavoro è continuato fino alla pensione, momento in cui ho potuto sviluppare questa mia passione prendendo l'incarico di archivista della Parrocchia di Sessa.
Il mio hobby principale in questo ambito è la genealogia e mi reputo bravino, tant'è che insegno, faccio conferenze e molti sono quelli che partecipano alle mie lezioni.
Come la maggior parte delle parrocchie esiste una biblioteca contenente molti libri e, la maggior parte sono su microfilm, pertanto il mio lavoro è controllare che tutto questo materiale non sia in disordine.
L'archivio storico di Sessa e Monteggio affidatomi, risale al periodo susseguente al Concilio di Trento, attorno alla metà del 500'.
Si può dire che la raccolta è quasi al completo, tranne alcuni vuoti per colpa di qualche prete che non ha fatto il suo compito (mancava il Cardinale Borromeo a dare le legnate!). Ci furono preti che scrivevano bene, se non benissimo, per cui anche se scritti in latino la comprensione era comprensibile.
Purtroppo devo dire che altri documenti erano zeppi di strafalcioni e quindi come fonte non era attendibile anche perchè relative all'altare.
Nelle prime 30/40 pagine del libro mi sono preoccupato di mettere le basi sulle quali poggiare il resto della narrazione. Non si può descrivere l'altare solo dando uno sguardo, ma occorre inserirlo in un'epoca ben definita spiegando la situazione politica, storica e religiosa per il periodo di 150/200 anni che precedono la sua costruzione.
Per meglio configurare il periodo dell'altare occorre conoscere la storia di Sessa e la nascita della Chiesa, vero?
La Chiesa antica presumibilmente doveva trovarsi spostata verso ovest più o meno dove si trova ora la Casa Parrocchiale, di dimensioni inferiori a quella attuale e spostata verso est cioè verso il crinale.
La Chiesa, molto antica, risalente all'anno mille e dedicata a S. Martino, è fin troppo grande per un' unico paese quale è Sessa, ma in realtà serviva una Parrocchia comprendente i paesi di: Astano, Castelrotto, Croglio e Cremenaga.
Il paese principale, Sessa, dobbiamo immaginarlo fatto di case in legno con tetti in paglia, dove i bambini giocavano in mezzo al fango e maiali che razzolavano per le strade e la popolazione era di poche centinaia di persone.
L'altare fu eretto subito dopo la chiesa, presumibilmente una volta che vennero costruiti i muri della nuova, venne trasportata la pietra altare consacrata e il tabernacolo dell'antica chiesa che ritroviamo poi ristrutturato.
Dopo un periodo di stasi, ad Antonio Pino, grande progettista in legno dell'Insubria è stato commissionato il lavoro, il quale per le incisioni si affidò a persone del territorio, come Ramponi di Sessa che si suppone allievo del Pino.
Nel 1690 Ramponi ha scolpito i due angeli ai lati dell'altare raffiguranti le figlie.
Il materiale dell'altare è di legno, anche se il Borromeo l'aveva proibito, ma il vescovo di Como aveva emanato un'ordinanza in cui nei luoghi dove c'era del buon legno era permesso poterlo usare per la costruzione di altari.
La Chiesa antica presumibilmente doveva trovarsi spostata verso ovest più o meno dove si trova ora la Casa Parrocchiale, di dimensioni inferiori a quella attuale e spostata verso est cioè verso il crinale.
La Chiesa, molto antica, risalente all'anno mille e dedicata a S. Martino, è fin troppo grande per un' unico paese quale è Sessa, ma in realtà serviva una Parrocchia comprendente i paesi di: Astano, Castelrotto, Croglio e Cremenaga.
Il paese principale, Sessa, dobbiamo immaginarlo fatto di case in legno con tetti in paglia, dove i bambini giocavano in mezzo al fango e maiali che razzolavano per le strade e la popolazione era di poche centinaia di persone.
L'altare fu eretto subito dopo la chiesa, presumibilmente una volta che vennero costruiti i muri della nuova, venne trasportata la pietra altare consacrata e il tabernacolo dell'antica chiesa che ritroviamo poi ristrutturato.
Dopo un periodo di stasi, ad Antonio Pino, grande progettista in legno dell'Insubria è stato commissionato il lavoro, il quale per le incisioni si affidò a persone del territorio, come Ramponi di Sessa che si suppone allievo del Pino.
Nel 1690 Ramponi ha scolpito i due angeli ai lati dell'altare raffiguranti le figlie.
Il materiale dell'altare è di legno, anche se il Borromeo l'aveva proibito, ma il vescovo di Como aveva emanato un'ordinanza in cui nei luoghi dove c'era del buon legno era permesso poterlo usare per la costruzione di altari.