Emozioni – "Sono abbastanza intimorita" – confessa Sandra Tenconi, settant'anni a breve, ma ancora tanta energia in corpo, pensando alla prossima mostra che si apre a Pavia, nello Spazio Arti Contemporanee "Broletto", venerdì 8, mentre ritocca a tempera le cornici degli anni Sessanta. "Forse sto veramente invecchiando, normalmente una mostra mi scorre via liscia, ma questa…forse perché mostro cose nuove, mai viste. Ma vado avanti imperterrita".
Perfezionista – E' una vita che la minuta, gracile Sandra, ma tenace come gli alberi di roccolo che ha per tutta la sua esistenza raffigurato, va avanti imperterrita, a dispetto di tutto. Ne sanno qualcosa, della forza delle sue convinzioni, della sua determinazione, della sua pignoleria perfezionista tutti quelli che collaborano o hanno collaborato con lei. "I preferiti sono i tipografi che devono stamparmi i cataloghi, non sanno più che pesci pigliare con le mie richieste. Ma quando faccio una cosa deve essere perfetta, una didascalia non può essere bianca, per dire, deve essere grigia, c'è un motivo e deve essere così. Odio la sciatteria".
L'ultima mostra in grande stile era stata al Castello di Masnago nel 2002. Poi una apparizione in Bocconi, presentata da Stefano Crespi. Nel mezzo?
"Ci siamo lasciati con le prime Apuane, poi mi sono rivolta alle cascate, mi sono buttata sul Tirolo e una serie di cartoni, quelli utilizzati per le copertine della tesi di laurea che ho lavorato con modalità molto informali e concettuali, almeno secondo Stefano Crespi".
Ci sarà tutta Sandra Tenconi a Pavia?
"Mi hanno chiesto una mostra sulla figura. E la figura ci sarà. Sono andata a recuperare i miei antichi ritratti del 1957, fino al 1966, della mia donna di servizio, della cuoca, dei miei figli, opere veramente storiche. Poi però ho voluto inserire i miei appunti di viaggio, le ortensie che tanto piacciono ai Pavesi, molti di quei 123 disegni fatti a Sant'Andrea all'Isola d'Elba alla fine dello scorso decennio che una critica ha definito purgatoriali. Rocce verticali, senza vegetazione dove i bagnanti si rannicchiano per aver un po' di ombra, quasi scene dantesche".
E arriviamo alle ultimi lavori, quelli ancora freschi, da asciugare
"Sono l'evoluzione di quegli studi, ma in acrilico, quadri grandi, spaventosi, materici, di nuovo sulla figura, per chiudere il cerchio".
Non è mai stata una pittrice delicata in fondo. Straordinaria indagatrice, ma con un pennello e una matita che sembrano a volte una lama
"Già, quando iniziai il ciclo delle Ortensie, a fine a nni Settanta, erano pastelli violenti, fiori violentati, mai accarezzati. Non ho la mano dolce, ho le mie tensioni".
Cosa dicono i critici?
"Qui bisogna aprire un discorso, io mi sento come altri di quella generazione che è stata completamente saltata a piè pari, per molti versi è come se non esistessimo. Ma non molliamo, io non mollo".
Eppure ha contatti con nomi importanti
"Si per carità, con Crespi, con Susanna Zatti, direttrice degli spazi culturali qui a Pavia che mi ha fortemente voluto in questi spazi; da lontano Gualdoni, l'amica Rossana Bossaglia. Ma non vado neanche più a Milano. Non è più come un tempo quando all'inaugurazioni c'era il giro dei critici, adesso ognuno sta nel suo alveo".
Non va a Milano. E a Varese qualche volta torna?
"Raramente, sempre più raramente. Ormai sono qui in questa vita di provincia, che ha il suo ritmo, e poi io lavoro, abbastanza sistematicamente e quando si lavora si ha meno tempo di venire via dal proprio studio".
Cosa le manca di Varese?
"Il verde. Il roccolo. Il roccolo dove mi sono formato. Ho trovato una cosa straordinaria. Un albero di roccolo disegnato da mia nonna più di cento anni fa. Mia nonna, buona signora educata alle Orsoline. Quel roccolo disegnato con violenza, grande forza, intensità, è assolutamente straordinario quasi simile, o uguale ad un mio stesso disegno, dello stesso albero fatto quasi un secolo dopo. Quando li ho appaiati mi sono venuti i brividi".