«La pittura non mi interessa», scriveva nel 1921 Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea Francesco Alberto De Chirico (Atene, 1891 – Roma, 1952). «Io sono un artista, e basta. Ma un artista che pensa». Ed è proprio dal pensiero che prendono vita i suoi mondi fantastici, "teatri dell'assurdo" in cui presente e passato, reale e irreale, miti e reminiscenze si fondono in un curioso gioco di allusioni e corrispondenze. Il poliedrico immaginario di Savinio emerge dal "sottosuolo dei ricordi" e compone un'umanità zoomorfa, fatta di figure mitologiche rivisitate, giocattoli e architetture fantasma, uomini e donne con teste di uccello, struzzo, anatra, caprone, spesso abbigliati con vestiti barocchi, e seduti su regali poltrone foderate con broccati e preziosi monili. Proprio come nel quadro-icona che apre questa accurata mostra, En visite (1930): due donne, una con testa di anatra, l'altra di pellicano, conversano accomodate in un elegante salotto. Alle spalle della seconda si apre una finestra obliqua da cui si intravedono nuvole stilizzate che fendono il cielo come saette. Un interno (più che) borghese, in cui l'altro De Chirico mescola sapientemente classicismo e postmoderno, metafisica e surrealismo.
Una finestra sul mondo – Divisa in cinque sezioni (miti, letterature, architetture, oggetti e scenografie) e
racchiusa tra delle labirintiche e rosse pareti, lacerate qua e là da feritoie irregolari, l'antologica offerta da Palazzo Reale scorre in penombra, racchiudendo come uno scrigno oltre un centinaio di opere. Ripercorrendo le tematiche più care – dall'infanzia alla riflessione sull'antico – l'artista popola i suoi lavori di (auto)ritratti, isole sperdute e foreste misteriose, personaggi e mostri fantastici, giocattoli ed edifici fluttuanti. Singolari le ultime sale, dedicate al meno conosciuto Savinio scenografo: abiti, disegni per tappeti, stoffe e pitture murali che, dopo gli anni Trenta, lasceranno il posto a mosaici, libri, bozzetti di scenografie e costumi per numerose rappresentazioni teatrali e musicali. In sottofondo la voce di Toni Servillo, attore e regista teatrale-cinematografico, guida gli scritti filosofici e autobiografici dell'artista. È questa la commedia di Savinio: una commedia dell'arte in cui la realtà non esiste più e dove tutto è volutamente paradossale e destabilizzante.
Alberto Savinio, La commedia dell'arte
a cura di Vincenzo Trione
fino al 12 giugno 2011
Palazzo Reale, Milano
Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30;
martedì – domenica dalle 9.30 alle 19.30;
giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30
www.mostrasavinio.it