Davvero fortunati questi ultimi mesi per le mostre di scultura in Italia! Se ne é chiusa da poco una incentrata sull'opera plastica di Modigliani al Mart di Rovereto, dove é sempre bello andare sicuri di vedere rassegne di vaglia. Si sa, le sculture dell'artista livornese sono poche e le collezioni e i musei che le possiedono, quasi tutti a Parigi o in America, sono restii a prestarle. Intorno a quelle che sono state concesse – e non erano poche – é nata però una mostra di forte attrattiva dove é stato creato un dialogo serrato con altre sculture in qualche modo fonte di suggestione per Modigliani. Ben ci stavano dunque i κουροι greci, il Buddha thainlandese e le maschere africane, certo fra loro tanto diverse, eppure tutte così essenziali, come, del resto, le teste stilizzate di Zadkine e di Brancusi, tagliate nella pietra con incisiva nettezza cubista. E nemmeno appariva fuori posto il busto-ritratto marmoreo della Battista Sforza di Francesco Laurana fermato in geometrica purezza al pari delle teste di donne che Modigliani presentò al Salon d'Automne di Parigi del 1912.
Accostare l'opera di uno scultore con un'altra appartenente ad un mondo e ad una cultura lontani é un progetto perseguito anche dai Musei di Lecco, in questo caso avvicinando una Femme debout (circa 1952) di Alberto Giacometti con il bronzetto votivo etrusco del III secolo a.C., noto a tutti come L'ombra della sera (Museo Guarnacci di Volterra). Così a villa Manzoni, dopo un'introduzione costituita da disegni e litografie dell'artista svizzero dove la figura umana é tema ossessivo, continuamente distrutta, continuamente ricreata, il visitatore scivola in una sala buia e circola
intorno alla figura virile etrusca, esile e fragile come un fuscello, e a quella, macerata dal vivere, di Giacometti. Allora si intende come questo grandissimo artista, se mai abbia visto L'ombra della sera, non accetti da essa la forma, bensì riviva dal di dentro il processo della sua creazione fino a darne una personalissima versione che esprime solo e tutto il suo io.
Il percorso artistico di questo scultore con la sua "inquietante progenie di colossi in miniatura", come chiosò Palma Bucarelli, si snoda bene in questi giorni al MAGA di Gallarate ed é cosa buona e giusta, anzi doverosa, far visita a questa rassegna di cui ArteVarese ha già segnalato trattato.
E sicuramente altri, sempre su ArteVarese, parleranno diffusamente della mostra intitolata Il fascino della materia. Scultori dell'Ottocento e del primo Novecento tra Lombardia e Piemonte che s'apre il 9 aprile a Barasso in quella villa San Martino creata dalla leggera fantasia di Tomaso Buzzi. Che bello sarà veder finalmente riuniti lavori da salotto borghese di Grandi e Butti, di Bazzaro, Pellini e Troubetzkoy e dei "minori" Laforêt, Dressler, Agnati, bravi non solo a proporre vedove affrante o angioli consolatori sulle tombe dei cimiteri di Lombardia!
Per le mostre di scultura non é però ancora finita. C'è spazio anche, e per fortuna, per i contemporanei e tra costoro mi piace segnalare in questa occasione Claudio Borghi (classe 1954) che fino al 17 aprile presenta i suoi lavori degli ultimi anni a palazzo Terragni di Lissone per poi spostarli in altre sedi espositive ad Alessandria, Pavia e Milano. In catalogo é presentato da Luigi Cavadini che scrive con pertinenza di "scultura del vuoto" e della leggerezza entro lo spazio delle sue opere. Mi sembra che ad osservarle si percepisca un punto di partenza descrittivo, del resto esplicitato dai titoli; tuttavia Borghi riesce presto a liberarle da siffatto involucro con un intervento che le conduce nel mondo dello spirito. Chi segue la ricerca severa e coerente di questo artista che ogni giorno viene da Barlassina a Busto per insegnar Plastica agli studenti del Liceo Artistico, trova in questi lavori tanto ricchi di componenti vitali, una prova ulteriore della validità della sua ricerca e del suo procedimento e di buon grado si lascia andare in questo universo dove nulla é quel che sembra e dove apparenze e titoli celano reti di significati tutte da esplorare e da decifrare.