Taglio della polentaTaglio della polenta

' vero, gli spazi del Museo d'arte moderna e contemporanea di Varese sono ridotti all'osso. Il Castello di Masnago, nonostante i lavori e gli adattamenti, non nasce per essere un museo. Gli affreschi, i lacerti dipinti, i muri irregolari, le nicchie, le finestrelle, i soffitti bassi, le luci che fanno caldo, gli ingorghi d'epoche che hanno svaporato la originaria destinazione al contemporaneo: e più di recente le cure dimagranti cui è stata costretta la sezione dedicata alla collezione permanente  per le "grandi mostre", la didattica, gli itineranti depositi.  Tutto congiura.

C'è del vero, dunque, come affermano i vertici del Museo e come riportato dal quotidiano La Provincia di Varese, che anche solo l'inserimento di un quadro in questo contesto costipato può rappresentare un problema. E così è stato anche per Il taglio della polenta, opera di Innocente Salvini, leit motiv, intimista motivo del maestro di Cocquio, la famiglia al desco davanti al camino, donato alle collezioni civiche in occasione della mostra fiume inaugurata a maggio e conclusasi a ottobre. "E adesso, dove lo mettiamo?",  si sono chiesti il direttore Pedroli e lo staff.

Non è il primo e non sarà l'ultimo caso. Sotto chiave, tra le altre centinaia di opere, solo per fare alcuni esempi, giacciono chicche che forse si dovrebbero vedere a forza: come il piccolissimo Cristo eucaristico del Morazzone o il Cristo e la Samaritana del Cerano, entrambi prestiti temporanei dall'ectoplasmatico Museo Pogliaghi, ed entrambi chiusi a chiave nei famigerati depositi.

Però suvvia. Si tratta pur sempre di un quadro. Per quanto non piccolo – 164 centimetri di altezza per 217 di base – non così tanto più ingombrante di quello da sempre esposto nella permanente, Madre, dello stesso Salvini e donato dalla Azienda Autonoma di Soggiorno le cui misure sono 190 centimetri di altezza e 120 di base. Si tratta insomma di ripensare davvero tutto un allestimento o volendo si può, si potrebbe, realisticamente sostituire un quadro con una new entry dello stesso autore?

Non molto persuasiva appare l'altra ipotesi indicata: quella di parcheggiare l'opera in Palazzo Estense. Altra classica soluzione non soluzione, molto in auge sopratutto nell'immediato periodo post elettorale. Si priva, più che il deposito, il museo di un pezzo pregiato, si fa del maquillage all'ufficio del sindaco o dell'assessore. Forse il meglio del Novecento storico varesino si trova in via Sacco e dintorni.

Il problema ha piuttosto un altro angolo di osservazione: la tenuta del quadro. Che è l'unico aspetto che, se sollevato, avrebbe potuto evitare almeno al momento qualche scivolone di troppo. Chi ha visitato la mostra – pochi purtroppo, 3500 visitatori in cinque mesi per un artista come Salvini certificano la cronica capacità di Varese di vendersi come prodotto culturale anche al proprio interno – ha potuto constatare lo stato dell'opera.
Non a caso è l'unico quadro che in catalogo riporta a fianco della fotografia l'avvertenza "prima del restauro".
Effettivamente, prima dell'inaugurazione l'opera è stata ripulita sommariamente, per "sollevare" i colori, dovendo essere collocata nella massima visibilità proprio in vista della futura donazione.

Ora ha bisogno di un intervento più risolutivo. Il telaio fisso è inadeguato. Il Museo da questo punto di vista si è già attrezzato acquistandone uno nuovo. Servono tempo e probabilmente fondi per il lavoro. Il quadro è complesso, la pennellata, la stesura di colore del Salvini è differenziata, non uniforme e col tempo – l'opera compie 70 anni – si sono verificate diffuse deformazioni.
 
Siamo più che convinti che una volta rianimato il quadro possa trovare quel poco spazio che merita. Sarebbe un contro senso, in caso contrario, aver speso un centinaio di milioni di lire, per una mostra così lunga e poi sentirsi come quelli che si ritrovano con il cerino in mano.