Deve averne viste e sentite delle belle Tiziana Ferrari negli anni in cui è stata consulente e consigliere del presidente del Senato per le opere d’arte riunite nei suoi aulici palazzi a partire dalla sede di rappresentanza, la residenza che fu dei Medici, poi del cardinal Bourbon Del Monte, poi ancora dei Giustiniani e l’elenco non finisce qui.
Lo divenne nel 2009 e rimase con questa funzione fino al 2014, assistendo al passaggio nella seconda carica della Repubblica di ben sei presidenti con quel che siffatti avvicendamenti comportano. Ora che non è più nella carica di “art collection manager” secondo il termine oggi in uso (ma “consulente e consigliere” spiegava già tutto, e meglio), Tiziana Ferrari per ricordare quegli anni per lei davvero epici e per togliersi qualche (qualche?) sassolino dalla scarpa, ha dato alle stampe da Skira un agile volume dal titolo L’arte nelle istituzioni. Opere ritrovate nei palazzi del potere.
In esso racconta con puntigliosa meticolosità avventure e disavventure per cercare di studiare e far studiare da studiosi all’altezza il corpus di circa ottocento opere che costituiscono la quadreria del Senato, fra funzionari poco collaborativi, se non addirittura dispettosi, per i quali i dipinti erano solo “croste” (e invece per la maggior parte sono di alta qualità, a suo tempo prestati molto a malincuore da soprintendenti e direttori di musei).
Tanto la Ferrari nel suo incarico è riuscita a fare, ma tanto ancora resta da compiere se presidenti e ministri vorranno (speriamo!) perseverare nella continuazione di questa ricerca sempre perseguendo i metodi propri della ricerca scientifica. Esemplare a questo proposito è stata la riattribuzione a Francesco Solimena, gran maestro del barocco meridionale, di due enormi e bellissime tele che stavano lì a decorare la Sala della Balaustra sotto il nome di un ben più modesto pittore di nascita trentina. Per documentarle nella sua rilevanza la Ferrari rende note le parole sempre vivaci ed efficaci di Nicola Spinosa, allora soprintendente a Napoli, pronunciate quando venne presentato il catalogo di cinquanta dei Dipinti dal Quattrocento al Settecento nelle Raccolte d’Arte del Senato.
Peccato davvero che questo volume voluto dalla Ferrari con tutto suo merito non possa essere in consultazione nelle biblioteche d’arte, dei musei e degli istituti universitari solo “rimanendo oggetto di alta rappresentanza per ministri, senatori e alti funzionari” che magari dopo averlo ricevuto e senza neanche aprirlo lo avranno passato subito ai “bouquinistes” sul lungotevere.
Giuseppe Pacciarotti