Castellanza – Due grandi letterati siciliani in veste di fotografi. Le straordinarie immagini di Giovanni Verga e Luigi Capuana diventano protagoniste di un’interessante mostra allestita in villa Pomini. “Scritture di luce” questo il titolo, è un percorso nella storia di ieri affiancata a quella di oggi attraverso gli scatti di Claudio Argentiero, terzo artista della rassegna. Dal Verismo al realismo contemporaneo si apre un dialogo fatto di emozioni, poesia, meraviglia e rivelazioni.
“Ho avuto l’onore e l’onère di rappresentare la Sicilia di oggi – spiega Argentiero – ripercorrendo i loro luoghi. Un’indagine durata circa due anni con più soggiorni nell’isola per cogliere, nei diversi momenti della giornata, tensioni e ispirazioni concentrandomi in particolare sul paesaggio.”
L’artista ha soprattutto giocato sulle luci e i grafismi con un risultato davvero sorprendente. Effetti che svelano suggestivi scorci ai quali Argentiero ha dato nuove visioni, quasi surreali. Vedute che spesso nemmeno gli anni hanno mutato se non fosse per quel contrasto di bianchi accesi e di neri che scoprono e coprono, sempre con grande delicatezza, campagne, stradine e borghi della piana di Catania.
“Un percorso fatto di silenzi e scandito dai tempi. – prosegue – Dobbiamo proiettarci in un periodo storico in cui, fare fotografia significava muoversi a piedi e chiedere alle persone di posare. Tutto si svolgeva con lunghe e infinite attese, sconcertanti se si pensa alla frenesia dei nostri giorni. Del resto siamo alla fine dell’800 e agli albori della fotografia”.
Nel percorso della mostra spicca l’immagine dell’insegna “Grande Atelier fotografico diretto dal prof. Luigi Capuana…”.
“A Mineo, piccola località nel catanese Capuana aveva fondato il primo studio fotografico della Sicilia. Qui è iniziata anche la collaborazione con Verga che, soprattutto nel periodo in cui viveva a Milano (circa vent’anni), chiedeva all’amico Luigi di scattare le immagini che avrebbe poi utilizzato per illustrare le proprie novelle”.
L’autore dei “Malavoglia” prediligeva soffermarsi sulle figure, riprendere i volti, i costumi e catturare scene di vita quotidiana, mentre Capuana era attratto dal paesaggio, scorci di natura e incanto, come testimoniano le foto in mostra.
“Non solo. L’autore del “Marchese di Roccaverdina” – precisa il presidente Afi- era idealmente affascinato dallo spiritismo. Per questo organizzava sedute durante le quali cercava di cogliere l’essenza del soprannaturale . Quindi giocava con la stampa creando ombre e luci che potessero rappresentarla”.
Un mosaico di storia e di vite che si intersecano e si affiancano continuamente in una conversazione di idee, ideali e sperimentazioni, partita oltre un secolo fa, tra due amici, alla quale si aggiunge una nuova “voce”, quella di Argentiero. Qui la parola diventa immagine illuminata dalla luce di una scrittura, che non si spegnerà mai.
“Sicuramente l’abbinamento del mio nome accanto a quello di questi due grandi maestri è azzardato ma credo di aver contribuito alla lettura dei luoghi di oggi invitando a comprendere il concetto espresso attraverso lo sguardo”.
La mostra organizzata dall’Archivio Fotografico Italiano, in collaborazione con il Comune di Castellanza ,la Biblioteca Centrale Sormani di Milano, la Fondazione3M e la Casa Museo Luigi Capuana di Mineo, è inserita nell’ambito della Rassegna Filosofarti; rimane in calendario sino al 10 marzo ed è visitabile il venerdì e il sabato dalle 15 alle 19; domenica 10-12/15-19 con ingresso libero .
“Scritture di luce” è accompagnata da un volume, presentato in occasione dell’evento, che raccoglie le immagini esposte con prefazione di Roberto Mutti, Michele di Dio, Gandolfo Cascio e i testi di Silvana Grasso.
E. Farioli