E’ vissuto come uno dei suoi super eroi, Stan Lee: volando dalla povertà alla ricchezza, dall’anonimato alla celebrità, dal sogno ad una realtà che si è chiusa a piè di pagina, alla fine di un lungo e straordinario cammino.
Chi lo definisce un fumettista si limita ad un quarto di verità. Perché Lee è stato molto di più: è l’autore che meglio di chiunque altro, nell’immediato dopoguerra, riuscì a tradurre in personaggi di culto l’essenza stessa del Sogno Americano. Basti guardare alla sua geniale reinvenzione di Capitan America: malinconico, solitario, a caccia di un riscatto che diventa collettivo solo dopo aver sfidato i suoi fantasmi interiori: le paure, l’inadeguatezza, il senso di emarginazione.
In fondo, dietro alle tute variopinte e ai super poteri degli eroi firmati da Stan Lee, ritroviamo questa costante. L’America è la terra delle opportunità e dei grandi spazi: ma anche delle discrasie, delle differenze, dell’invidualismo. Ed è nelle profonde crepe della diseguaglianza che si allevano rabbia e violenza, rivalsa e arrivismo. Germi che gli eroi dei fumetti riconoscono, fanno propri e combattono, nel tentativo di esorcizzare gli spettri che affliggono le loro stesse anime, solitarie e malinconiche, incomprese e perennemente alla ricerca di risposte, di luce, di normalità. Cosa c’è nella forza di Hulk se non la potenza repressa della frustrazione? Cosa c’è nel martello di Thor se non il desiderio di abbattere il muro dell’incomunicabilità, la barriera discriminatoria che da sempre ci divide da ciò che consideriamo pericolosamente diverso? Da un grande potere derivano grandi responsabilità, si sente ripetere Spider Man, frutto dell’atroce combinazione tra un cuore generoso almeno quanto impacciato e la più impressionante, misteriosa e affascinante delle creature. Se è vero che basta un niente per distruggere le perfette geometrie di una ragnatela è altrettanto vero che la bellezza si cela spesso dietro a ciò che ci rifiutiamo di guardare, di conoscere e approfondire.
In questo senso, Stan Lee è stato uno dei più autentici umanisti che la cultura popolare americana ci ha donato: un artista terrorizzato dal presente ma innamorato della vita. In ogni sua forma, in ogni sua espressione. In ogni suo sogno.
Matteo Inzaghi