Trovarsi, ritrovarsi – Lei vorrebbe scappare da una città difficile come Varese, spesso chiusa e involuta in se stessa, dal punto di vista umano prima ancora che culturali e artistiche. Lui da Varese è scappato più volte, testimoniando realtà antitetiche con la sua macchina fotografica, negli angoli periferici del terzo mondo o nello scintillio del primo. Ma entrambi poi sono qui, di nuovo nella loro città, dove sono nati e cresciuti insieme, fratelli, più che fratelli, educati all'arte, cresciuti abbracciando l'arte, ciascuno la sua, mantendendo una palpabile trasparenza, una avvertibile, umile dolcezza nel raccontare e nel raccontarsi.
Era scritto – Stella e Riccardo Ranza, hanno i destini incrociati. Inevitabile che la mostra che li proporrà insieme (Sala Veratti dal 16 febbraio) porti questo titolo. Un incrocio che a tratti è simbiosi, dirsi pudicamente, sostenersi reciproco, nella vita come nel lavoro. Stella parte dalla scultura, approda alla pittura, tornerà alla scultura. Riccardo, invece, fedele alla fotografia, per l'impronta impressa dalla figura paterna. Una figura che andrà rivisitata per il suo ruolo che ha avuto anche e soprattutto a Varese, nel diffondere una nozione alta di fotografia presso il pubblico. Il figlio ne raccoglie l'eredità e "sporco di poesia", attraversa i generi, sfiorando nomi imprescindibili, come Lanfranco Colombo o il monumento Mario De Biasi, dai quali ha imparato a rispettare ogni singolo scatto e pretendere lo stessa attenzione.
La vicinanza rispettosa – Esperienze personali in comune; insieme volontariamente hanno vissuto in Bosnia durante la guerra, cercandovi un qualche altrove spirituale e motivazionale. Insieme hanno viaggiato stando fermi, vicini nei momenti del bisogno reciproco. Le foto in mostra di Riccardo raccontano di questa "sconosciuta intimità" del fratello con la propria sorella, l'accostarsi rispettoso e anche pieno di stupore alla persona che conosce da sempre.
Dalla forma all'inconscio – Stella ha conosciuto il 'fantasma' di Alik Cavaliere, uno dei grandi della scultura italiana del Novecento: docente di scultura e direttore per alcuni anni dell'Accademia di Brera "si presentava alle lezioni con il kilt e poi scompariva"; per anni è a bottega di Oreste Quattrini, risoluto maestro varesino di respiro nazionale e di Ernesto Ornati. Da loro apprende la manualità esatta per dare alla sua scultura figurativa quel giusto ritmo per "raccontare me stessa", i momenti primari, "l'innamoramento, la gravidanza, la maternità" rievocate con pienezza formale; poi la sua materia si ritira si asciuga, fino agli esiti stilizzati dell'opera Lo spirito del lago, donata al comune di Gavirate e posizionata presso la riva. Da lì, con un salto senza rete, muove anche verso la pittura astratta, "per raccontare l'inconscio, per buttare fuori la tensione emotiva", riconoscendo i tributi ad alcuni capisaldi della pittura astratta ed emozionale, Rothko, Afro, Licini, mantenendo però la vocazione alla polimatericità e ai sussulti in rilievo della superficie
La fotografia fa ragionare – Tortuoso e articolato è il viaggio di Riccardo: ha la sua vetrina in riviste importanti, come fotografo di moda, pur non amandola particolarmente "ma mi è servita molto ad imparare un certo modo di pormi davanti al soggetto e coglierlo con attenzione", racconta. Ma ritorna più volentieri a scavare, nel suo bianco e nero essenziale, cose più immediate ed autentiche, agli angoli delle strade, con un lirica pietas verso l'universo debole, dei bambini, dei vecchi, dei fuori moda. Fotografa il record di Fabrizio Macchi, partecipa al reportage estremo nel Sahara che porta alla documentazione di importanti ritrovamenti archeologici. Per tornare poi comunque al nodo fondamentale: "La fotografia non è solo un'immagine, ma un passaggio interiore. E' qualcosa che ti fa ragionare, qualcosa che possiede una cultura".
I luoghi del dialogo – In Sala Veratti, una ventina di opere di Stella, tele e piccole sculture e una ventina di fotoritratti che Riccardo ha realizzato nel giro di poco più di un mese seguendo la sorella al lavoro e nei luoghi del suo lavoro: le Fornaci Ibis a Cunardo, in studio, ricavato da tre anni alle Officine Creative di Barasso, al Chiostro di Voltorre, al Sacro Monte, davanti allo specchio. Rinnovando dal di dentro un nuovo profilo di una donna-artista alle prese con se stessa oltreché con la propria creatività.