Muri concessi, muri privati, muri liberi, zone autogestite, palazzi, centraline. Sono solo alcuni dei supporti dove regna la street art, dove i graffiti prendono vita.
Varese e la sua provincia ospitano un quantitativo notevole di opere e, se si volesse intraprendere un tour per questa rete museale urbana a cielo aperto, molti sono gli artisti che ci accompagnerebbero.
Il tour riguarderebbe non soltanto le zone industriali o i luoghi dismessi ma, se imparassimo ad alzare gli occhi dai nostri smartphone, ci accorgeremmo che anche nel centro cittadino, in luoghi in cui non penseremmo mai, l’arte urbana è sempre dietro l’angolo.
Un esempio è proprio la città di Varese che in via Robbioni, a pochi passi dal Comune, ospita opere di Seacreative, Melì e JooWasHere della Howler Monkey Cru, di notevoli dimensioni. Alcune di queste ornano i muri di Substrato, il locale che ha da poco riaperto i battenti grazie ad Ileana Moretti dell’Associazione Wgart e che per cultura, idee artistiche e street art spezza una lancia in favore e, se all’esterno i nomi citati prima la fanno da padrone, all’interno spicca un’opera di Ravo Mattoni, il writer che insegna la storia dell’arte sui muri.
Altre opere di Ravo e Seacreative sono presenti presso il sottopassaggio che conduce al centro commerciale Belforte, mentre se si vuole uscire dal tessuto urbano, rimanendo comunque in provincia di Varese, Ravo Mattoni allieta la vista dei passanti con le sue riproduzioni caravaggesche e non a Leggiuno e ad Angera, mentre Seacreative ha da poco realizzato dei murales presso la biblioteca di Ponte Tresa.
Lo stadio di calcio del Varese è in altro dei punti da prendere in considerazione quando si parla di street art locale, lungo il suo perimetro si scorgono opere di writer più o meno noti, come Pao con uno dei suoi pinguini e le scritte gotiche di Ste&Anna; per non parlare poi dei sottopassaggi delle stazioni e di quelli sotto viale Europa o delle colonnine elettriche che hanno preso colore ultimamente, dipingendo la città come fosse una grande tela.
Esistono, poi, i luoghi abbandonati, quelli che un tempo erano il motore dell’industria, quelli che ospitavano migliaia di operai e che oggi rimangono in balia di ruggine e vegetazione. È qui che i writer danno il meglio di sé, utilizzando questi come veri, propri e personali art studios. È qui che si respira l’odore della vernice, dove si possono scorgere non soltanto i lavori finiti, ma anche qualche schizzo preparatorio, un modo in più per conoscere le anime dietro lo spray.
Le fornaci di Caldè, la cartiera di Cairate, il centro sociale Telos di Saronno, sono solo alcuni di questi luoghi, dove i muri sembrano anche trovare una sorta di dialogo tra loro, come si scorge tra quelli di Busto Arsizio e Saronno.
“Sogna, ma non dormire” dice il primo.
“Si crea, non si ricalca” il secondo.
Perché le cinta urbane raccolgono stralci di una vita frenetica , rappresentanti di un’arte che prima urla contro al cielo, incosciente del tempo che le rimane perché un minuto dopo potrebbe essere sparita.
Ileana Trovarelli