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Nel panorama della Street Art “locale” uno dei nomi più noti, che operano all’ombra degli skyline milanesi ed in buona parte dell’Altomilanese, per non parlare delle trasferte in tutta Italia, è quello di Cheone.

Al secolo Cosimo “Cheone” Caiffa, classe 1979, nasce a Gallipoli ed all’età di nove anni si trasferisce con la famiglia in Germania dove, qualche anno più tardi, avviene il cosiddetto colpo di fulmine per quell’arte underground, urlatrice silenziosa e, a tratti, nascosta, comunemente denominata Street Art.

“Era il 1995 ed ero di ritorno da scuola. Avendo perso il pullman stavo tornando a casa a piedi, il che è stato un bene dato che è stato proprio mentre camminavo che mi sono imbattuto in alcuni ragazzi che stavano dipingendo con delle bombolette in un vicolo. Rimasi a guardarli per tutto il resto del pomeriggio, rimanendo affascinato dalle tecniche e dai colori. Ho voluto provare e da quel momento non mi sono più fermato.”

Ma se la folgorazione nei riguardi della Street Art avvenne sulla via di ritorno verso casa, non si può dire che fino a quel momento Cosimo non fosse interessato al mondo dell’arte. Grazie allo zio e ad un amico di famiglia, entrambi artisti ed amanti dell’arte, Cosimo apprende numerose tecniche, specie quelle legate alla pittura su tela, dimostrando non solo un grande interesse, ma anche una buona predisposizione per le arti figurative. Parlando con lui di artisti ed ispirazioni, ci rivela: “Devo dire che mi piace un po’ di tutto, ma un artista che mi fa rimanere a bocca aperta è Luciano Ventrone.”

In Germania inizia a realizzare i suoi primi lettering e proprio qui nasce il nome di Cheone che, come ci spiega l’artista: “non è altro che una semplice Tag che avevo scelto da ragazzo, lettere scelte a caso senza nessun significato.”

Infanzia, adolescenza, lettering e qualche studio figurativo nella terra per eccellenza di birra e crauti fino a che, per motivi personali, rientra in Italia e si stabilisce a Nerviano, in provincia di Milano.

“Se qualcuno volesse ammirare i miei lavori gli direi di partire da Nerviano. Qui ho la mia Hall of Fame e sperimento spesso.”

Il suo nome, grazie anche all’incontro con una crew di Rho, i Click Quimmoda, inizia a diventare noto in tutta la zona, soprattutto perché il lettering ha lasciato spazio ad una maggiore componente figurativa in grado di intrappolare e coinvolgere l’osservatore, provocando in lui le stesse emozioni di un quadro.

“Lo stile che sto studiando e portando avanti da un po’ è il fotorealismo, uno stile molto diretto allo sguardo di qualsiasi persona. “

Cheone, artista distratto, come si legge sulle sue pagine social. Una persona che ha imparato a cogliere l’attimo non solo catturandolo nelle proprie opere, ma anche vivendo il momento. “Di solito per staccarmi dal mondo esterno uso le cuffie per concentrarmi meglio, ma amo anche parlare con la gente e godermi la situazione.”

Un artista sempre in movimento. I suoi lavori si possono infatti ammirare in tutta Italia, da Milano a Gallipoli, in un viaggio introspettivo ai limiti del realismo, dove i dettagli prendono vita e l’artista dialoga con essi.

Profondità, spunti prospettici di un quotidiano raffigurato su muro o su tela. La lista dei progetti futuri è molto lunga e l’agenda di Cheone è ricca di impegni ma, nonostante ciò, l’artista non si scompone e ci saluta così: “Sono sempre pronto per una mostra personale, non saprei dire quando e dove, ma arriverà. Per quanto riguarda i progetti futuri ce ne sono tanti, così come molti sono quelli attivi, ma preferisco tenervi sulle spine e rivolgere un grazie di cuore a tutti coloro che mi seguono. Grazie, grazie!”.

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La Street Art: dalla protesta del ’68 a oggi https://www.artevarese.com/la-street-art-dalla-protesta-dal-68-a-oggi/ https://www.artevarese.com/la-street-art-dalla-protesta-dal-68-a-oggi/#respond Mon, 30 Apr 2018 10:38:11 +0000 https://www.artevarese.com/?p=44618 Street Art. Un’arte nata illegale, che molto spesso viene criticata o additata come atto vandalico. Un’arte che ha il potere di dividere l’opinione pubblica, che genera confusione e di cui non si ha ancora la piena consapevolezza. Ogni qualvolta ci troviamo a camminare per le vie delle città possiamo imbatterci in qualche muro più colorato […]

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Street Art.
Un’arte nata illegale, che molto spesso viene criticata o additata come atto vandalico. Un’arte che ha il potere di dividere l’opinione pubblica, che genera confusione e di cui non si ha ancora la piena consapevolezza.

Ogni qualvolta ci troviamo a camminare per le vie delle città possiamo imbatterci in qualche muro più colorato del solito, decorato con scritte, tag, murales o quant’altro appartenga alla grande famiglia dell’arte urbana.

Ma che cos’è la Street Art? Ha un’origine? Una propria storia?

Con questo termine si raccolgono tutti i generi che vengono impressi su parete o su altri supporti tipici del contesto urbano come, ad esempio, i cartelli e le installazioni stradali o le saracinesche dei negozi.

Il lettering, la Stencil Art, la Stickers Art, il muralismo urbano sono solo alcuni dei particolari stili che compongono questa galassia in continua evoluzione. La Street Art non è un movimento unitario, ma un’amalgama di stili sempre in crescita che racconta non solo la realtà che ci circonda, ma rende vivo lo stato d’animo del writer. Un’arte critica che urlando fa parlare di sé generando nello spettatore emozioni e pareri contrastanti.

Il 1968 fu il trampolino di lancio di questa espressione murale che, in linea con la protesta studentesca ed operaia, criticò l’ordine precostituito dell’arte e della cultura. In Francia, in quell’anno, apparve la prima testimonianza di Poster Art grazie alle opere di Ernest Pignon. Queste, realizzate su carta e poi applicate su muri della città, riproducevano a grandezza naturale figure della tradizione, fantasmi della storia, la memoria troppo spesso accantonata. Opere immense che hanno condotto l’artista, classe 1942, ad essere considerato oggi tra i pionieri di questa corrente.

Nella New York degli anni ottanta, Basquiat, Hambleton ed Haring diedero vita ai primi segni iconici su parete affiancando il lettering, che in città andava per la maggiore, ignari che queste raffigurazioni avrebbero reso grande il loro nome portandoli a lavorare in ogni dove. Noto, ad esempio, è il murales di Haring a Pisa.

Nel 1981 la tecnica dello stencil, nota oggi grazie a Banksy, iniziò a manifestarsi sui muri francesi, mentre sul finire degli anni ottanta si iniziò a parlare di Stickers Art con la prima opera di Obey.

 

In Italia il panorama della Street Art e dei writer è vasto come la stessa penisola. Si spazia, infatti, dai murales del marchigiano Blu a quelli di Neve e Cheone; dai progetti murali in collaborazione con comuni e musei di Andrea Ravo Mattoni e Alice Pasquini; dai pinguini di Pao ai Vermi di Rouge; dalla poesia urbana di Ivan Tresoldi a quella dei Poeti del Trullo fino alle stampate del Movimento per l’Emancipazione della Poesia; dagli omini che compongono la famiglia degli ExitEnter a quelli degli UrbanSolid.

Opere che si possono ammirare non solo nelle grandi città, come Milano, Roma, Bologna e Torino, ma anche in piccole realtà come quella di Civitacampomarano, in Molise, che dopo un grave spopolamento dovuto alle limitate vie di comunicazione, ha ripreso colore con numerose opere murali, e anche a Varese negli ultimi anni, grazie a una serie di interessanti iniziative.

Numerose sono poi le riqualifiche di vecchie aree che hanno portato interi quartieri cittadini – Tor Marancia a Roma e NoLo a Milano ne sono un grande esempio –  a divenire musei a cielo aperto.

La Street art non è vandalismo, ma una forma di espressione che si serve della città per dare vita alla sua tela.

 

Ileana Trovarelli

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