Como Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/tag/como/ L'arte della provincia di Varese. Mon, 25 Jan 2021 10:01:29 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 https://www.artevarese.com/wp-content/uploads/2017/05/cropped-logo-1-150x150.png Como Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/tag/como/ 32 32 Percorsi poetici nei boschi comaschi https://www.artevarese.com/percorsi-poetici-nei-boschi-comaschi/ https://www.artevarese.com/percorsi-poetici-nei-boschi-comaschi/#respond Tue, 21 Jul 2020 11:30:05 +0000 https://www.artevarese.com/?p=56378 Pietro Berra, nato a Como nella metà degli anni 70, è giornalista professionista, ideatore e organizzatore di eventi culturali e poeta; dal 1997 lavora come redattore al quotidiano «La Provincia». Con l’associazione Sentiero dei Sogni, che ha fondato e presiede e il progetto Passeggiate Creative che coordina e con il quale dal 2016 porta in […]

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Pietro Berra, nato a Como nella metà degli anni 70, è giornalista professionista, ideatore e organizzatore di eventi culturali e poeta; dal 1997 lavora come redattore al quotidiano «La Provincia».

Con l’associazione Sentiero dei Sogni, che ha fondato e presiede e il progetto Passeggiate Creative che coordina e con il quale dal 2016 porta in giro la poesia, ha già realizzato 77 percorsi dentro ai boschi nei pressi di Como, quasi a dire che per godere della cultura si deve camminare, possibilmente in gruppo, armati di curiosità, voglia di ascoltare e condividere, senza dimenticare di indossare scarpe comode.

Un’altra iniziativa di Berra è “La passeggiata sulla Lake Como Poetry Way”, percorso pedonal-poetico di 16 km, qui si incoccia in 16 autori e  12 casette per lo scambio di libri.

Uno degli ultimi nati è il percorso “Sulla rotta di Alda Merini” con il quale Berra e i suoi sodali ha addirittura poeticamente connesso Como a Milano; lo scopo era rendere omaggio alla grande poetessa milanese che ha origini in quel di Brunate.

 

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L’iconografia geometrica di Franca D’Alfonso https://www.artevarese.com/liconografia-geometrica-del-paesaggio-di-franca-dalfonso/ https://www.artevarese.com/liconografia-geometrica-del-paesaggio-di-franca-dalfonso/#respond Sun, 01 Jul 2018 09:59:45 +0000 https://www.artevarese.com/?p=45890 “Nell’opera di Franca D’Alfonso si percepisce un eco dell’astrattismo comasco, dal quale ha acquisito la consapevolezza della geometria, fondamentale per infondere emozioni nelle sue composizioni, interiorizzando nel proprio bagaglio visivo quel linguaggio rarefatto e geometrico, d’interpretazione della forma, senza mai abbandonare completamente la matrice figurativa degli esordi. Trae spunto dalla lezione aurea di Henri Matisse, […]

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Nell’opera di Franca D’Alfonso si percepisce un eco dell’astrattismo comasco, dal quale ha acquisito la consapevolezza della geometria, fondamentale per infondere emozioni nelle sue composizioni, interiorizzando nel proprio bagaglio visivo quel linguaggio rarefatto e geometrico, d’interpretazione della forma, senza mai abbandonare completamente la matrice figurativa degli esordi. Trae spunto dalla lezione aurea di Henri Matisse, soprattutto dai suoi “papiers dècoupé”, per farne rivivere l’emozione della memoria nelle sue opere” (Doriam Battaglia).

Così il maestro Doriam Battaglia, pittore e architetto, tratteggia l’opera di Franca D’Alfonso, artista di origini abruzzesi trasferitasi a Varese nel ’74.

«Ho sempre avuto la pittura nel cuore. – racconta D’Alfonso – Quando ero bambina portavo ovunque le mie matite colorate e mia mamma me ne regalava di nuove in ogni occasione! Anche se non ho potuto vivere della mia arte, ho sempre dipinto. I primi passi che ho mosso in questo mondo cercavano di riprodurre ciò che vedevo, ma c’è sempre stata l’esigenza di abbandonare il figurativo e di rivolgermi all’astratto».

Forte di questo desiderio la pittrice ha iniziato la sua attività alla metà degli anni 80.
«Mentre portavo avanti un’esperienza personale, ho partecipato a vari corsi di formazione presso studi di diversi pittori. Da ultimo ho frequentato l’Accademia di Belle Arti “Aldo Galli” di Como nella Sezione Pittura con il maestro Pierantonio Verga, un grandissimo pittore che è mancato nel 2015. E’ stato lui a farmi trovare la mia strada. La mia ricerca è, principalmente, il colore. Il colore che trasmette emozioni, sensazioni… E’ la realtà. Nel mio astratto stringo sempre un po’ l’occhio al figurativo. Credo che, in parte, si possa vedere in quello che faccio».

Dopo l’esperienza con il professor Verga ha studiato con il professor Battaglia.
Oggi Franca D’Alfonso fa parte delle associazioni “Liberi Artisti della Provincia di Varese”, “Art Commission Events” di Genova e della “Società promotrice delle Belle Arti” di Torino.

«Ho scelto di frequentare l’Accademia per questa mia passione e per l’esigenza di arricchire mio lavoro e di studiare l’Arte. – continua D’Alfonso –  Ma mi è sempre interessata soprattutto la pittura e ad essa mi sono dedicata. Ho fatto un po’ di esperienza anche con la scultura, ma la mancanza del colore, per me così importante, mi ha portato a concentrarmi, ancora una volta, sulla pittura.
La  mia guida più importante è stato il professor Verga. Lui non mi ha mai detto come dipingere, ma nelle lunghe serate dei sei anni che ho passato all’Accademia, parlando insieme tra una pennellata e l’altra, mi ha sempre ricordato: “Tu devi esprimere quello che senti, devi sbloccarti, non devi stare dentro canoni predefiniti”. Proprio grazie a lui sono arrivata a questa chiave di lettura della realtà, anche se mi rendo conto che c’è una continua evoluzione, il mio è un cammino e questo non è ancora il punto d’arrivo».

La scelta coloristica caratterizza l’opera dell’artista, che dopo un periodo iniziale caratterizzato dallo stile figurativo, in cui utilizzava le tecniche tradizionali dell’olio e dell’acquerello, si è progressivamente avvicinata ad un’espressione pittorica astratta, mettendo in atto un processo di de-composizione della realtà. Il colore ha quindi acquisito nuove valenze.

«Dopo aver lavorato con l’olio – spiega D’Alfonso – sono passata allo smalto.
Ho scoperto proprio in  Accademia questa nuova espressione pittorica: sono gli smalti ad acqua, che danno dei risultati veramente eccellenti. Anche se talvolta utilizzo nuovamente l’olio o l’acrilico, i mezzi con cui ho iniziato a dipingere, poi ritorno sempre agli smalti. Devo dire che riescono a tramettere il calore del colore e dell’emozione. L’intensità».

 

Doriam Battaglia, descrivendo l’opera di D’Alfonso, usa il termine “Sintetismo”, nome di una delle correnti pittoriche del movimento Post-impressionista che – come lui stesso illustra – “deriva dall’intento di realizzare nelle opere la sintesi di tre caratteri fondamentali: l’aspetto esteriore degli oggetti naturali; i sentimenti che essi suscitano nell’artista; la purezza estetica delle linee, dei colori e delle forme. Gli artisti sintetisti – aggiunge ancora Battaglia – prediligono e realizzano soggetti bidimensionali, piatti e dai colori irreali. Il Sintetismo ci ricorda che qualunque oggetto espresso sulla tela è essenzialmente una superficie piana ricoperta di colori ed assemblata in un determinato ordine”.

Nella sua presentazione alla mostra in corso fino al 22 luglio presso lo spazio espositivo del Broletto di Como, Battaglia sottolinea: “Tre sono gli strumenti fondamentali utilizzati dalla nostra artista per esprimere la propria poetica: la struttura, la luce e il colore, che cooperano per una riuscita sintesi tra realismo e astrazione”.

E il vero fascino dei lavori di D’alfonso è nell’equilibrio che riesce a trovare tra questi elementi nella sua iconografia geometrica del paesaggio.

 

“Natura e Logos” della pittrice Franca D’Alfonso
presso lo Spazio espositivo del Broletto – Como
fino al 22 luglio
da martedì a venerdì: 15.00 – 18.00
sabato e domenica: 10.00-13.00 /15.00-18.00

Chiara Ambrosioni

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Le Affinità elettive al LacMus Festival https://www.artevarese.com/le-affinita-elettive-al-lacmus-festival/ https://www.artevarese.com/le-affinita-elettive-al-lacmus-festival/#respond Thu, 28 Jun 2018 06:45:16 +0000 https://www.artevarese.com/?p=45819 Un direttore d’orchestra varesino residente in Germania, un gigante del pianoforte franco canadese, i giovani talenti della Cappella Musicale Regina Elisabetta del Belgio e maestri acclamati del panorama internazionale. Prende il via la seconda edizione del Festival internazionale di musica LacMus, ideato dal direttore d’orchestra Paolo Bressan e dal pianista Louis Lortie. Dal 28 giugno […]

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Un direttore d’orchestra varesino residente in Germania, un gigante del pianoforte franco canadese, i giovani talenti della Cappella Musicale Regina Elisabetta del Belgio e maestri acclamati del panorama internazionale. Prende il via la seconda edizione del Festival internazionale di musica LacMus, ideato dal direttore d’orchestra Paolo Bressan e dal pianista Louis Lortie. Dal 28 giugno all’8 luglio artisti internazionali e giovani emergenti si incontreranno in quella magica striscia di terra tra acqua e cielo che è la Tremezzina, sul Lago di Como.

Focus di quest’anno saranno Rossini, Tchaikovsky, Debussy e Bernstein. A fare da scenografia ai concerti saranno il Santuario della Madonna del Soccorso di Ossuccio, sito del Patrimonio Unesco, Villa Carlotta a Tremezzo, Villa del Balbianello a Lenno, il Grand Hotel di Tremezzo e la Greenway del Lario.

Il concerto di apertura, dal titolo “Affinità elettive #1” è in programma giovedì 28 giugno a Villa Carlotta alle 21, con Louis Lortie ed Hélène Mercier al pianoforte e musiche di Rachmaninov – Suite N. 1 Op. 5 Fantaisie-Tableaux, Debussy – En Blanc Et Noir, Tchaikovsky/Rachmaninov – Estratti Da Il Lago Dei Cigni, Debussy – La Mer.

Foto-di-Daniele-Marucci

La serata a Villa Carlotta è preceduta da un appuntamento gratuito, un concerto di pre-apertura, affidato a giovani artisti emergenti: alle ore 16, presso l’Auditorium dell’Istituto Comprensivo della Tremezzina, si esibiranno le violiniste Carlotta Arizza e Alexandra Cooreman, la violoncellista Victoria Saldarini e i pianisti Danilo Mascetti e Sergej Redkin.

Qui l’intero programma della manifestazione

Tema di quest’anno sono gli anniversari illustri, che riguardano artisti diversi, attraversando più secoli: Rossini, Tchaikovsky, Debussy e Bernstein. Maestri acclamati come Hélène Mercier, Evelina Dobraceva, Augustin Dumay, Miguel Da Silva, Marie Pierre Langlamet, Mathieu Dufour e Louis Lortie dialogheranno con i giovani talenti della Cappella Musicale Regina Elisabetta del Belgio, ospiti per un’Accademia estiva e protagonisti di diversi concerti. Novità da segnalare è anche la nascita di LacMus Ensemble, una formazione che ha l’obiettivo di favorire lo scambio accademico tra Maestri e giovani artisti. Fondatori e direttori artistici di LacMus Festival sono Louis Lortie, pianista, e Paolo Bressan.

Paolo Bressan è nato a Varese, dove ha frequentato il Liceo Musicale Malipiero, ed é diplomato in direzione d’orchestra e pianoforte al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Dopo un periodo di studio in Germania, con il progetto Erasmus, Bressan ha sviluppato lì la sua carriera, sempre perfezionandosi e ottenendo incarichi di prestigio. A Milano ha inoltre studiato composizione con il M° Bruno Zanolini e direzione di coro con il M° Franco Monego. Si é perfezionato in pianoforte con il M° Louis Lortie. Ha ottenuto un master in direzione d’orchestra e come maestro sostituto all ’Hochschule für Musik’ “Franz Liszt” di Weimar, Germania. Inizia la sua carriera al “Mecklenburgisches Staatstheater di Schwerin”, teatro storico del nord della Germania che in passato ha avuto quali direttori stabili, tra gli altri, Klaus Tennstedt e Kurt Masur. Qui ha lavorato come direttore e come maestro sostituto potendo sviluppare un repertorio di oltre 40 titoli d’opera, numerosi pezzi sinfonici e sinfonico-corali.

 

Alessia Zaccari

 

 

 

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Antonio Pedretti e i paesaggi da sentire https://www.artevarese.com/antonio-pedretti-e-i-paesaggi-da-sentire/ https://www.artevarese.com/antonio-pedretti-e-i-paesaggi-da-sentire/#respond Fri, 27 Apr 2018 22:15:40 +0000 https://www.artevarese.com/?p=44558 «Dipingo perché ho BISOGNO di farlo. Non è un lavoro, non è una passione: è proprio un bisogno, che tuttora mi accompagna. Cerco di comunicare quello che sento, di condividere un’emozione con chi guarda la mia tela. L’opera “è” o “non è”. O ha la tensione della verità o non ce l’ha e chi la […]

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«Dipingo perché ho BISOGNO di farlo. Non è un lavoro, non è una passione: è proprio un bisogno, che tuttora mi accompagna. Cerco di comunicare quello che sento, di condividere un’emozione con chi guarda la mia tela. L’opera “è” o “non è”. O ha la tensione della verità o non ce l’ha e chi la guarda riconosce l’immagine non in temini iconografici, ma per il suo significato». Si presenta così Antonio Pedretti, un artista capace di creare emozioni.

Si avvicina alla tela e, con un pezzo di cartone, “butta giù del colore”. Spatolate di nero, bianco, azzurro, stese con qualsiasi oggetto abbia in mano e, “per tre quarti del tempo, il quadro è informale”. Poi appare un’immagine che lui insegue, incidendo il colore. Lo sguardo è concentrato, la mano scende a tracciare linee, decisa… E’ affascinante vedere Pedretti al lavoro e il frutto della sua “gestualità” è ben riconoscibile.

Belle le parole con cui il critico Vittorio Sgarbi segue la creazione dell’artista: «Pedretti, con gli stessi attrezzi con cui aveva adempiuto alla gestazione primaria, provvede a striare la pasta cromatica rimasta più in superficie, graffiandola e incidendola sullo spesso mediante una composita successione di “rasoiate”, ancora da performer, da cui ottiene, graficamente, i caratteristici intrecci filamentosi “a canneto” che sono uno degli elementi visivi più ricorrenti nella sua cifra.
Ma in maniera analoga, prescindendo dall’amato soggetto di palude, metaforico di un preciso stato esistenziale, da spleen in chiave prealpina, Pedretti é in grado di tirare fuori dal cappello un cespuglio appena in fiore o distese innevate di “bianco lombardo”, come le chiama, giocando stavolta di fino, grazie a un brillante talento pittoricista (Antonio Pedretti. La naturalità come processo mentale)».

E’ affascinante vedere Pedretti al lavoro e il frutto della sua “gestualità” è ben riconoscibile, come mostra nella sua performance “Live in Varigotti”.

L’artista dipinge quelli che Sgarbi stesso ha definito “i paesaggi dell’anima”, che non hanno un dato iconografico preciso, ma «sono fatti della materia naturalistica che percorre tutte le immagini. Sono paesaggi legati da gesti, segni e colori, eppure diversi l’uno dall’altro, nati per comunicare con chi guarda.
Il fruitore crea poi la sua immagine – afferma Pedretti – io dò degli imput, ma è lui che “riconosce” il luogo che dipingo, non in termini iconografici, ma per il senso.
Chi guarda la mia opera entra in essa e la vive secondo la propria esperienza».

Pedretti è nato nel 1950 a Gavirate.
«Ho capito fin dalle elementari che la Pittura era la mia strada – racconta – e credo che il desiderio di raffigurare i paesaggi sia nel mio Dna: sono nato in riva al lago e sono cresciuto con i piedi immersi nelle sue pozzanghere. Quando ho avuto bisogno di esprimermi non ho scelto io il soggetto, è stato il soggetto a scegliere me. Non potevo far altro che dipingere quelle palte, quelle acque, quelle sensazioni ….».

Durante la sua formazione Pedretti frequenta gli artisti della zona. Guarda lavorare Salvini, Guttuso, Graziani e Feriani mentre segue le lezioni della Scuola d’Arte Applicata del Castello Sforzesco. Prosegue per alcuni anni gli studi all’Accademia di Brera e si lascia conquistare dagli esponenti di quella che lui stesso definisce “la Linea Calda”, ovvero gli artisti istintivi e gestuali: da Vedova a Morlotti.

«Negli anni Settanta e Ottanta imperversava l’arte concettuale, dalla quale mi sentivo molto distante. – ricorda – Erano anni difficili per chi credeva nella pittura come forma di espressione artistica. Ho voluto quindi riappropriarmi dell’immagine naturalista e romantica delle rive del lago, della memoria. Per questo dico che è stato il lago a salvarmi. Mi sono ritirato nei luoghi dell’anima e i miei riferimenti sono diventati Constable, Turner e tutti i paesaggisti».

Quando dipingo entrano nella tela i “fantasmi della pittura”, ovvero ciò che nasce dalla mia esperienza e che io “ributto fuori” con i gesti. I miei paesaggi non vanno visti ma sentiti».

La tecnica di Pedretti cambia in continuazione, come cambiano i suoi strumenti: «quando dipingo non so mai cosa “uscirà”. Butto giù dei colori e poi l’immagine nasce da sola. Come dico sempre, il quadro si fa da solo, non sono io a farlo. Posso dipingere tele grandi e piccole, anche se le dimensioni importanti mi aiutano ad esprimermi meglio, come avviene sempre per i pittori informali».

Il percorso artistico di Pedretti l’ha portato a esporre in tutto il mondo, presenziando anche alla 54esima Biennale di Venezia. La sua esperienza pittorica passa da “I Paludosi” all’“Azzurra Amazzonia”, quando Pedretti raggiunse «una terra dove la natura assume dei gesti più ampi» e dipinse i quadri per una una mostra che ha percorso tutti i musei sudamericani.

Fino al 20 maggio saranno tele di grandi dimensioni quelle esposte alla galleria MAG di Como nella personale di Antonio Pedretti. «La mostra porta il titolo “Bianco Lombardo”: quando facevo l’informale lavoravo col bianco e il nero. – sottolinea l’artista – Da lì sono usciti i “bianchi lombardi”. La neve è soprattutto una scelta coloristica, la neve lombarda è sporca, rugosa, malinconica… di una felice malinconia».

Le tele di Pedretti si rincorrono sui muri trasportando lontano l’osservatore. Le immagini tornano più volte, sottolineandosi a vicenda. «Tanti artisti hanno realizzato immagini con lo stesso soggetto, ma diverse una dall’altra. – aggiunge – Morandi, ad esempio, dipingeva la bottiglie, Cézanne continuava a raffigurare la montagna Sainte-Victoire in Provenza…
Nei quadri affiora quell’humus, quella materia particolare, ma ogni immagine ha la propria tensione e un’identità ben precisa. Entra in gioco il fruitore. Quando mi si avvicina qualcuno dicendo “quell’angolo lo riconosco … ci sono stato” io gli dico “è vero”, perché è quello che ha visto e in cui si è riconosciuto. L’immagine diventa sua e gli appartiene. E’ stato contaminato dalla mia emozione».

Lasciamoci ancora guidare dalle parole di Vittorio Sgarbi: « E’ troppo, d’altronde, l’appagamento psicologico che ogni volta Pedretti ricava dai suoi riti pittorici, congegnati per essere sistematici, quindi inevitabilmente ripetitivi, ma capaci di conseguire esiti, in termini emotivi e di valore formale, ogni volta diversi, per potersi occupare più di tanto della conversione altrui. Peggio per chi non gli dà retta.

Non sa davvero cosa si perde, chi non lo segue nelle sue silenziose perlustrazioni, assorte a gustare l’impalpabile, sfolgorante magia di ciò che ci circonda, retaggio di un senso dell’eternità che ancora sopravvive, nascondendosi gelosamente fra i meandri dell’ordinario contemporaneo, in luoghi che, più che a qualunque apparenza, più che a qualunque geografia effettiva, appartengono allo spirito, il grande spirito della natura.
Ma il lago salvifico é sempre lì, a disposizione di noi tutti. Basta volerci andare (Antonio Pedretti. La naturalità come processo mentale)».

Chiara Ambrosioni

Bianco lombardo
mostra personale di Antonio Pedretti
a cura di Salvatore Marsiglione
dal 25 aprile al 20 maggio 2018
Ex chiesa San Pietro in Atrio, Via Odescalchi 3, Como
dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20

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A COMO L’ARTE E’ “BORDERLINE” https://www.artevarese.com/a-como-larte-e-borderline/ Fri, 20 Oct 2017 13:53:04 +0000 http://varesearte.it/?p=40818 Ad ospitare la rassegna internazionale di Fiber Art Contemporanea, oltre la suggestiva cornice dell’ex chiesa di San Francescoanche il Museo del Cavallo Giocattolo di Grandate. Oltrepassare il mondo reale per entrare nel fantastico universo della creatività e abbandonarsi alla magia di colori e forme. Attraversare e camminare dentro opere d’arte, è la sensazione più straordinaria ed […]

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Ad ospitare la rassegna internazionale di Fiber Art Contemporanea, oltre la suggestiva cornice dell’ex chiesa di San Francescoanche il Museo del Cavallo Giocattolo di Grandate.

Oltrepassare il mondo reale per entrare nel fantastico universo della creatività e abbandonarsi alla magia di colori e forme. Attraversare e camminare dentro opere d’arte, è la sensazione più straordinaria ed emozionante che si possa provare…Un’esperienza unica che in questi giorni (e fino il 26 novembre) è possibile sperimentare alla Miniartextil di Como. I visitatori vengono accolti da un’insolita galleria di numeri fluttuanti nello spazio, “Forest of Number” opera mozzafiato di Emmanuelle Moureaux, che domina la navata centrale dell’ex chiesa di San Francesco da dove prende avvio un viaggio fantastico nel “paese delle meraviglie”…
Come sempre è all’insegna dello stupore lo storico appuntamento organizzato dall’Associazione Arte&Arte (fondata da Nazzarena Bortolaso e Mimmo Totaro) dal 1991.

Un importante riferimento per gli artisti di tutto il mondo impegnati nella Fiber Art, quell’espressione dell’arte contemporanea che riprende antiche nozioni tessili rivoluzionandone schemi e materiali.
L’esposizione, giunta alla 27a edizione, si compone di 54 opere di piccolo formato, i minitessili, selezionate attraverso un bando di concorso che ha contato 230 candidature pervenute da oltre venti nazionalità: un giro del mondo sulle ali della creatività. Tema della rassegna “Borderline”. Gli artisti sono stati invitati a riflettere e a esprimersi sulle diverse sfaccettature del termine: separazione, confine, bordo, limite ma anche tratto d’unione e ancora, condizione psichica di un individuo posto tra nevrosi e psicosi. Spunti che hanno dato vita a opere uniche, sublimi, realizzate con materiali, tecniche e linguaggi differenti.
Una scelta impegnativa per la giuria presieduta dal critico d’arte Luciano Caramel (curatore della mostra), affiancato da Andrea Taborelli, presidente del Gruppo filiera tessile di Unindustria di Como e Maria Ortega, artista e responsabile per l’Europa dell’Associazione World Textile.
Culture e stili diversi si intrecciano come i fili di orditi e trame in un tessuto straordinariamente ricco di storia e tradizioni locali. In ogni opera dunque sono racchiusi i colori e le atmosfere delle diverse Nazioni: Italia, Giappone, Cina, Austria, Corea, Argentina, Stati Uniti, Colombia, Spagna, Regno Unito, Austria, Polonia, Svezia, Romania, Finlandia, Olanda, Danimarca, Ungheria, Uruguay, Portogallo e Ucraina.
Tra i minitessili selezionati, allineati sullo sfondo dell’abside, si può ammirare il lavoro di Gertraud Enzinger, intitolato Both sides now al quale è stato attribuito il Premio Arte&Arte. Tra gli artisti italiani in mostra, Claudia Cairoli, Natalia Caprili, Angela Corti, Anny Ferrario, Irene Guglielmi e Stefano Zaratin.
Selezionate dall’Associazione, anche installazioni di grandi dimensioni, collocate lungo le pareti,tra queste l’opera inedita, realizzata appositamente per l’occasione da El Anatsui, uno degli artisti contemporanei africani più celebri.
Novità di questa edizione è la partecipazione all’evento, per la prima volta, del Museo del Cavallo Giocattolo di Grandate. Qui, oltre ad una serie di Minitessili è possibile ammirare la spettacolare installazione del giapponese Kiyonori Shimada, “Division”.
A questa edizione, infine, ha collaborato anche l’associazione culturale Amadeus Arte, promotrice del Lake Como Festival ed etichetta discografica di compositori contemporanei e opere inedite. Per l’occasione alcune opere saranno accostate da brani editi dal sodalizio.
Terminata l’esposizione di Como, la mostra verrà allestita, come ormai si ripete da 14 anni, a Parigi, a Le Beffroi di Montrouge dove rimarrà in calendario dal 7 al 25 febbraio 2018.
Borderline: una mostra che sublima la fantasia: l’arte di stupire!
Le esposizioni potranno essere visitate: nell’ex Chiesa San Francesco – largo Spallino, Como Da martedì a domenica dalle 11 – 19 Lunedì chiuso; negli spazi del Museo del Cavallo Giocattolo via Tornese 10, Grandate (Co) da martedì a venerdì dalle 15 alle 19 Sabato 10-12 e 15-19. Domenica e lunedì chiuso Aperture straordinarie domenica 26 novembre dalle 15 alle 19. 

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