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di Cristina Pesaro

La nuova conservatrice Barbara Cermesoni, ci invita a visitare il museo civico archeologico di Varese, presso Villa Mirabello.

Barbara Cermesoni, laureata in lettere classiche, indirizzo archeologico-preistorico con una tesi sul villaggio neolitico friulano di Sammardenchia, poi conservatrice del museo archeologico di Erba, da pochi mesi è stata nominata conservatrice dei musei civici di Varese. L’occasione ci invita a parlare del museo che più rappresenta il nostro territorio attraverso i secoli.
La stessa conservatrice ci racconta: «Il museo archeologico di villa Mirabello ha una certa notorietà, degli oggetti bellissimi, da esso dipende l’Isolino Virginia, per cui per me è un sogno che si avvera avere a che fare con un sito archeologico tra i più importanti non solo a livello nazionale ma anche mondiale e per questo riconosciuto Patrimonio dell’Unesco. Si tratta di un museo con un allestimento molto tecnico, di grande valore che secondo me va un po’ svecchiato perché manca di quello che è oggi è forse uno degli elementi di maggiore attrattività verso un pubblico: la presenza del multimediale, di qualcosa che faciliti la comprensione dei reperti e dell’allestimento stesso anche a chi non è un tecnico. Questa è una cosa che manca e a cui stiamo pensando.
Per quanto riguarda gli oggetti presenti, tutto ciò che arriva dal Pizzo di Bodio e dal lago di Varese in generale fornisce informazioni preziosissime. Se dovessi indicare a un visitatore i più significativi , per quel che riguarda la preistoria, parlerei del timone della Palude Brabbia o della piroga del lago di Monate: sono oggetti che documentano la vita quotidiana e permangono nell’uso e nella struttura per millenni. Importantissimi i ritrovamenti dell’età del bronzo del ripostiglio della Malpensa: si tratta di deposito di un artigiano da cui emergono i bellissimi schinieri che servivano per riparare le gambe. E da cui si può partire a parlare del corredo della tomba di Sesto Calende dell’età del ferro di cui ammirando gli oggetti che ne fanno parte si può già capire i collegamenti che queste popolazioni golasecchiane avevano in tutta Europa: ad esempio proprio gli schinieri del corredo hanno un confronto con degli analoghi oggetti del V secolo, trovati sull’Acropoli di Atene. Le situle rimandano alla cultura nordeuropea e quella di Este, la presenza del carro rimanda al mondo omerico, quella del piccolo carretto alle sepolture del centroEuropa. Questo fa capire come le popolazioni non fossero isolate ma che avevano dei contatti di tipo non solo culturale ma anche materiale e ideologico che quasi ci sembrano strani pensando a popolazioni così lontane da noi.
Fondamentali anche i materiali: dall’Isolino proviene una grande quantità di cristallo di rocca che di solito si trova nelle zone dal Gottardo o di ossidiana che proviene dal monte Arci in Sardegna: quindi ancora una volta si vede come nel neolitico le comunità non fossero isolate. Sarà quindi molto interessante inserire i materiali dell’Isolino in una rete di contatti neolitica che va dai 5000 ai 3000 anni fa. Quindi raccontando queste cose sorprendi e interessi il visitatore.
Per la sezione romana assolutamente da segnalare la necropoli della Rasa dal I al IV secolo dopo Cristo che illustra quindi più secoli di vita di una comunità attraverso le sue sepolture.
Importanti le colonne di Angera nel lapidario che facevano parte di un complesso monumentale che andremo a ricostruire virtualmente, un altro oggetto interessante è l’ara delle Matrone, figure femminili che stanno danzando e che proviene anch’essa da Angera il che documenta l’importanza del centro in epoca romana.
Significativa anche tutta la collezione dei vetri Cagnola che hanno un excursus temporale molto ampio, veramente notevoli sia per l’aspetto estetico che per il valore. in particolare la diatreta Cagnola che è un vetro scolpito che doveva essere una lampada. Per finire c’è una piccola sezione dedicata ai Longobardi con due spade e altri oggetti trovati sul territorio varesino».

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