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Debora Ferrari e Luca Traini, mente e corpo di Neoludica, nella conferenza tenutasi a Villa Mirabello l’11 maggio, hanno fatto excursus e messo a confronto le arti del XX secolo e quelle del XXI secolo osservando come molte produzioni contemporanee siano legate alla tecnologia.

Da qui parte una riflessione di Debora Ferrari che espone concetti che, per chi non è inserito nel campo specifico, appaiono nuovi e affascinanti: “Il videogioco in particolare è un’opera d’arte totale perché come un’opera d’arte contiene design, architettura, musica, pittura, scultura, oltre che lo storytelling e la sceneggiatura.

Per arrivare a questa considerazione abbiamo iniziato a valutare i beni culturali in Italia e nel mondo: il nostro patrimonio artistico, tanto ammirato e invidiato, è diventato terreno d’ispirazione per i videogiochi dove si trovano tantissimi riferimenti ai beni artistici, architettonici e paesaggistici che conosciamo e vediamo normalmente ben al di fuori di questo contesto.

Questa riflessione si colloca in due momenti importanti: “The Art of Games” di Aosta 2009 e la Biennale di Venezia 2011 dove appare Neoludica, termine con cui abbiamo presentato le game art e in cui vogliamo raccogliere le ricerche legate al videogame e alle arti contemporanee.

L’opera è creata da sempre da un artista e quindi ci siamo concentrati sulla conoscenza degli artisti. Siamo entrati nella bottega dell’artista contemporaneo che lavora al computer e con tavolette grafiche con programmi di scultura come Maya3D o con programmi a mano libera con Photoshop creando la Concept Art. Ci sono artisti che lavorano sia all’interno del videogioco, sia nelle nuove estetiche utilizzando vettoriali e facendo Pixel Art. Usano tecniche come la Gamephotography, creano ologrammi in movimento o ambientazioni interattive come Unreal.
Si tratta di una vera e propria bottega rinascimentale in cui ognuno lavora ad un aspetto diverso e specifico del videogioco. E molti non si prestano solo in questo ambito ma anche per lo spettacolo, il cinema, la televisione. Ogni professionista, attraverso programmi specifici, crea il proprio pennello, i colori, le tecniche per esempio ad olio o a carboncino e li utilizza come farebbe su una tela.

Per rendere consapevole e intrigare chi non gioca abbiamo poi pensato di trasformare l’arte digitale in arte materica dando vita alla Game Art Gallery. Chi gioca, tra l’altro, è entusiasta perché vede alcuni particolari inediti di quello con cui andrà a interagire, chi non gioca legge la tela come un’opera d’arte fine a sé stessa. Questo avviene perché è cambiato il modo di lavorare, la figura dell’artista e il mercato stesso: l’artista lavora regolarmente assunto ma contemporaneamente si crea un proprio portfolio.

Ma veniamo al videogioco più famoso in assoluto Assassin’s Creed, in cui lavorano ben 600 artisti, senza dimenticare che videogiochi di ottimo livello vengono creati anche solo da due persone. La trama è molto avvincente: Assassin’s Creed è ambientato nel 1191, periodo storico nel quale la Terra Santa è devastata dalla Terza Crociata. La campagna in Terra Santa di Riccardo Cuor di Leone fece in parte dimenticare le sconfitte di alcuni anni prima e attraverso una saggia tregua i pellegrini cristiani ebbero il permesso di visitare Gerusalemme, che restava comunque in territorio musulmano. Questo fu uno degli eventi che più contribuirono a innalzare la fama di Saladino come condottiero leale e onesto. Nascosto nella segretezza dei loro rifugi, un gruppo di guerrieri appartenenti alla confraternita degli Assassini intende riportare la pace in Terra Santa eliminando i capi corrotti delle due fazioni. I giocatori assumono il ruolo di Altaïr Ibn La-Ahad (Colui che vola figlio di nessuno), uno dei priori della confraternita e il più abile a padroneggiare le arti degli assassini, prescelto per diventare un giorno il capo della setta. Egli viene incaricato dal Gran Maestro Al Mualim di far finire la guerra nelle città della Terra Santa per riscattare il suo onore e il suo rango. Inoltre il suo abito bianco lo aiuta a mimetizzarsi meglio tra la folla e, in particolar modo, tra gli eruditi di un tempo, grazie al suo grande cappuccio. Altair si ritroverà ad affrontare i Crociati, gli Ospitalieri, i Templari, i Teutonici, i Saraceni e ovviamente le guardie cittadine.

Tornando al nostro discorso laddove questo contesto ambientale crea influenze qui si innesta la Gamification che è una tecnica atta ad applicare leve e strumenti ludici all’interno di contesti non ludici. Ed è anche la parola più googlata recentemente, dato che in questi ultimi cinque anni ha preso un’importanza particolare in vari processi non solo economici e il mercato cerca figure professionali pronte per la progettazione della Gamification ad ampio raggio. E così si crea anche l’engagement di un pubblico diverso. La Gamification ha diversi ambiti di applicazione: ad esempio, può fungere da strumento di coinvolgimento dei dipendenti all’interno di grandi aziende o da sostegno a programmi di marketing e fidelizzazione utente, da struttura di progetti formativi e e-learning e da integrazione di qualsiasi attività finalizzata al miglioramento e alla crescita personale.

Nei beni culturali lavorano a questa fidelizzazione sviluppatori e creatori di videogiochi e app interni ed esterni al museo che stimolano a visitare, si legano alla didattica, alla promozione e a una nuova lettura del museo. Un esempio è il Victoria and Albert’s Museum che stipendia nuovi sviluppatori che creano videogiochi per il museo.
Nintendo, con Nintendo Ds, ha creato una guida multilingue addirittura al Louvre. La Tate Gallery ha sviluppato un gioco didattico per comprendere gli stili pittorici attraverso le trasformazioni di un camaleonte.

Per fare qualche esempio italiano basti pensare al Museo Poldi Pezzoli in cui nella sala degli orologi esiste un’istallazione interattiva pensata partendo degli orologi da cui si creano scenografie grazie agli Streamcolors o al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci in cui sono moltissimi videogiochi. O ancora al Museo Archeologico di Napoli dove si usa la App Father and Son che aiuta la promozione. Quella creata da noi è invece Art Revolution”
Insomma un utilizzo delle nuove tecnologie e delle sue applicazioni può produrre grandi cose e rendere ancora più piacevole quello che ci appassiona.

Cristina Pesaro

Per approfondimenti:

http://www.neoludica.eu/

http://acartrevolution.com/

 

The Art of Games Aosta, prima mondiale, 2009 

http://www.arte.rai.it/articoli/the-art-of-games/1840/default.aspx

AC al museo della Scienza e Tec di Milano 2012> 


https://www.youtube.com/watch?v=DBqPcl1pm78


 

 


 

 

 

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