Polverosa frenata. La porta del nostro pulmino sgangherato si apre e dai gradini compare Alì, con in mano un pezzo del radiatore della sua auto.
Siamo a 70 km da St. Louis, la prima città che può quasi fregiarsi di questo nome dopo il deserto della Mauritania. Mamadoù, il nostro conducente, appena ha scorto la macchina in panne, ferma sul ciglio della strada, ha inchiodato il bus e ha convinto lo sventurato ad accettare un passaggio.
Gli offriamo un po’ di cibo e lui ringrazia stringendo le nostre mani ad una ad una come non ho visto fare mai. Al momento non ha altro modo per sdebitarsi ma ci fa intendere che vorrebbe ospitarci tutti nella sua casa sull’oceano, a Warang, “la prossima volta che passiamo da queste parti”.
Non so quanto tempo Alì impiegherà per farsi aggiustare il suo radiatore. Non so come riuscirà a ritrovare il punto esatto della savana dove l’auto lo ha abbandonato.
Ma sembra sereno e sorride alle mie domande.
La cosa più bella che c’è in Africa è il tempo.
Nella lingua Wolof si usa il termine “Teranga” per definire ciò che si offre all’ospite e che lui dovrà contraccambiare, come potrà.
Ivo Stelluti, Il Viaggiator Curioso,
Sulle strade dell’Africa,
14 agosto 2012