Jan Knap è maestro della luce, raffinato costruttore di prospettive, regista che sa muovere sulla scena le sue figure tenerissime, evocatrici di millenni di fede e portatrici di una infinita serenità. Ma dove è davvero insuperabile, per quanto riguarda la costruzione della composizione, è nella cura dei particolari: il pittore li definisce "addolcimento del quadro", perché donano una dimensione quotidiana e semplice a temi teologici complessi.
Il Bambino è davvero il Messia? La Madonna è madre eppure vergine? Qual è il ruolo di San Giuseppe? Ma esistono davvero gli angeli? Jan afferma: "Il particolare è un addolcimento dentro un quadro. Io cerco di fare il mio quadro dolce, penso a certe melodie di Boccherini e Mozart che tagliano, come un coltello, il cuore a metà. Magari io riuscissi a fare cose simili in un mio quadro".
Una piccola farfalla bianca sul tronco di un albero è un perfetto punto di luce che attira l'occhio in un angolo
sereno del quadro; le gocce di sangue che bagnano la ruota del martirio sono pettirossi che alleviano il dolore della passione, come nella leggenda popolare.
E poi gli angeli. Che giocano, suonano, appendono campanellini ai rami di alberi ricoperti di foglie leggere. Bambini della vita reale eppure immateriali ed eterei, fiduciosi e semplici, incontaminati e disponibili, che esistono per il solo scopo di testimoniare l'esistenza del Dio bambino.
Quest'attenzione al particolare, quest'idea del mondo dei bambini che non è intellettuale ma basato completamente sulla fiducia, fa intuire come lo stesso Jan si ponga, come pittore, in maniera completamente diversa dai suoi "colleghi" contemporanei di fronte all'opera d'arte.
Jan si definisce come "l'occhio che vede", non si fida di un mondo fatto di parole, di un mondo troppo razionale. Secondo lui l'occhio per vedere deve tacere, deve essere in silenzio, perché solo attraverso il silenzio l'uomo può
veramente intuire, capire ciò che sta osservando.
"La pittura parla in silenzio, se uno vuole vedere, deve tacere". Proprio per quest'idea del silenzio, dell'attenzione al particolare, Jan ha deciso di utilizzare come stile pittorico quello tipico dell'età rinascimentale del ‘400 italiano. In questo periodo artistico la gente guardava e osservava bene le cose ma non dipingeva direttamente dal modello.
Le cose si dipingevano così come si conoscevano, e non si fingeva di sapere, di conoscere, ciò di cui in realtà non si aveva coscienza.
Secondo Jan, quindi, l'arte, la pittura deve avere ben presente quello che si può definire un rapporto di equilibrio tra cognitivo ed emozionale; il pittore non deve semplicemente riprodurre con una "mimesi" un oggetto che lo affascina, che lo colpisce emotivamente, ma anzi, essendo la pittura il risultato di un'osservazione dell'uomo fatta in silenzio, il pittore deve riportare sulla tela l'oggetto della sua osservazione in maniera che rispecchi il significato che esso ha per l'artista stesso.
Jan Knap – mostra personale
Dal 28 aprile al 26 maggio 2012
Varese, Duet Art Gallery, Vicolo Santa Chiara 4
Per maggiori info.: 0332-231003 – info@duetart.com – www.duetart.com
Orari: da martedì a sabato, dalle 15.30 alle 19.30
Ingresso libero