raffigurante Medea
Una settimana all'insegna di un pubblico femminile. È questo l'intento dei musei locali, archeologici compresi. Ha aperto le danze il giorno 8 marzo il Museo di Angera, che ha previsto un tè al gelsomino per tutte le donne, condito da una chiacchierata. Chiuderà invece le iniziative il Museo di Arsago Seprio, sabato 10 marzo, con una serie di visite guidate, con particolare attenzione agli oggetti femminili conservati nelle vetrine.
La condizione della donna antica. Nel mondo antico l'universo femminile scorre parallelo a quello maschile, è totalmente dominato dal silenzio, il silenzio della casa, dell'ubbidienza, appena appena scalfito dallo scorrere del telaio. Sono le fonti antiche, letterarie ed archeologiche a rompere questo velo e a riportare alla luce donne dimenticate, a ricostruirne i ruoli in società prettamente maschiliste, dove essere femmina significava spesso sottomissione, obbligo al matrimonio e alla maternità.
Una educazione "femminile". In quasi tutte le culture
antiche (Egitto, Grecia,Roma), l'educazione femminile è in casa, ad opera di serve o madri. Le bambine vengono preparate alla gestione della casa, perché il loro naturale destino è il matrimonio. A Sparta invece le ragazze entrano in associazioni femminili culturali e religiose, dove imparano la danza e la musica.Si sposano molto presto, spesso con uomini molto più grandi, scelti dai parenti, magari anche per suggellare patti politici. Come non ricordare Ottavia, la sorella di Ottaviano Augusto, data in sposa a Marco Antonio per sancire con un matrimonio una alleanza proficua?
Letteratura misogina. Anche gli scrittori, greci soprattutto, guardano le donne con sospetto, le considerano creature ammaliatrici, ma in realtà infide. Basti pensare alle Sirene, mostri ma dalla voce melodiosa. Oppure il trattamento riservato a Medea, donna e maga, tremenda vendicatrice, colpevole oltre a questo di essere straniera in terra greca.
Non solo mogli. Eppure nel mondo greco esistono anche altre figure femminili. Sono le etere, definibili come amanti-accompagnatrici, solitamente donne molto raffinate, colte che accompagnavano gli uomini fuori di casa, in quegli ambienti preclusi alle mogli legittime. Fra loro è famosa Aspasia, l'amante di Pericle, che nell'Atene di V secolo a.C. creò intorno a sé un circolo poetico-filosofico di grande livello.
Lo scandalo degli Etruschi. Aristotele guardava con sospetto l'usanza etrusca di aprire le porte del banchetto anche alle legittime consorti, elemento confermato fra l'altro dai sarcofagi, come quello celebre degli sposi, e dalle pitture delle tombe. Diversamente dai contemporanei Greci, nel mondo etrusco la donna riveste un ruolo importante, godendo di maggiore libertà.
Addirittura può possedere oggetti di lusso, è libera dalla tutela del padre e del marito. E nell'onomastica etrusca troviamo non solo indicati i patronimici, cioè il nome del padre, ma anche il matronimico, ovvero quello della madre.
A Roma, fra tradizione e trasgressione. L'immagine tradizionale della donna romana è Lucrezia, la
nobildonna che si suicidò dopo essere stata offesa con la violenza dal re Tarquinio; oppure Cornelia, la madre dei Gracchi, fiera dei suoi due gioielli, i due figli. Una donna seria, dedita alla casa, alla filatura della lana, ai figli. Una immagine però che a partire dalla tarda età repubblicana tende a sfaldarsi. Le donne, soprattutto se di alto livello, si fanno più attive, più trasgressive, entrano nel mondo della politica. Come non ricordare la Lesbia che tanto provoca gioia e dolore a Catullo, o la Clodia, che offrì la propria casa ai Catilinari, e fu poi stigmatizzata da Cicerone?
Fra commercio e politica. Dall'età augustea le donne trovano uno spazio al di fuori della casa, e si dedicano ad attività commerciali o artigianali, come ricordano spesso le iscrizioni. Sono invece gli storiografi a far conoscere le donne della famiglia imperiale, che, secolo dopo secolo, ordirono complotti per eliminare gli imperatori e favorire all'ascesa i propri figli. A cominciare da Livia, moglie di Augusto, che riuscì a "piazzare" il figlio Tiberio alla successione, passando per Agrippina, madre di Nerone, che avvelenò il marito Claudio, a finire con le tremende Giulia Mesa e Giulia Domna, imperatrici orientali, che a lungo manovrarono i giovani Alessandro Severo ed Elogabalo.
Donne diverse, si è visto, condizionate dai tempi in cui sono vissute, la maggior parte silenziose, rassegnate a un destino a loro imposto dalla nascita, altre, più coraggiose, pronte ad alzare la testa, a diventare uomini, per ottenere uno spazio adatto a sé. Come nella Lisistrata di Aristofane, quando sono le donne a minacciare i loro uomini di uno sciopero dei propri "compiti coniugali", qualora non pongano fine alla guerra fra Atene e Sparta.