In occasione dei 480 anni di fondazione del Convento di Santa Maria Assunta del Bigorio, prima sede in Svizzera dei frati cappuccini, l'Associazione Amici del Bigorio, costituitasi nel 2011, ha deciso di proporre extra-muros, quale saggio dei beni culturali che vi si custodiscono, alcune tele settecentesche particolarmente significative.
La mostra allestita nelle sale della Pinacoteca Züst di Rancate, curata da Edoardo Agustoni e Ivano Proserpi, propone una decina di opere provenienti dalla ricca quadreria cappuccina, la quale consta di una settantina di tele risalenti perlopiù ad un periodo che va dal tardo Rinascimento all'Ottocento.
Oggetto di puntuali ricerche critiche da parte di Edoardo Villata, che ne cura le schede in catalogo, i dieci dipinti su tela – di cui quattro appartengono verosimilmente alla quadreria storica del Bigorio, mentre sei sono entrati a far parte del patrimonio artistico del convento solamente in anni recenti – costituiscono una valida testimonianza di un periodo significativo della cultura pittorica lombarda e ticinese.
Gli autori dei dipinti esposti vanno ricercati tra i protagonisti più significativi della pittura lombarda della prima metà del Settecento, testimonianza dei legami culturali e artistici che il convento intratteneva con Milano e con la provincia: da Giuseppe Antonio Petrini di Carona e la sua cerchia a Pietro Antonio Magatti di Varese, da Giuseppe Antonio Felice Orelli di Locarno al milanese Federico Ferrario.
Tra i dipinti più interessanti spicca sicuramente il nucleo delle cinque tele assegnate a Giuseppe Antonio Petrini (1677-1755/'59) e alla sua cerchia. Attorno al 1710 dovrebbe risalire il San Giacomo Maggiore, opera "di qualità eccellente, non presenta alcun problema circa l'autografia, trattandosi palesemente di una splendida realizzazione del Petrini, ricca di umori, movimento, dettagli raffinati" (E. Villata). La Madonna del rosario (o della cintura) nella sua essenzialità è un'opera di straordinaria bellezza e sobrietà e risulta tipica della produzione petriniana: panneggi taglienti, cielo corrusco, forte chiaroscuro sugli incarnati e assenza di elementi di ambientazione. Della fine degli anni Trenta o poco oltre è l'intenso e espressivo Profeta Isaia, forse da identificare nell'opera già nella quadreria storica della famiglia Riva di Lugano, mentre agli inizi del quinto decennio dovrebbe risalire la Crocefissione, da ricondurre al prototipo conservato al Museo d'Arte di Lugano, dove però alla base della croce vi è pure la Vergine. Alla cerchia del Petrini è invece da ricondurre la probabile figura di un Profeta.
Il pittore varesino Pietro Antonio Magatti (1691-1767), figura di spicco della pittura lombarda tra il secondo e il sesto decennio del Settecento – in particolare della cosiddetta tendenza barocchetta – e sovente vagliato criticamente proprio in parallelo al pittore Giuseppe Antonio Petrini, è l'autore a cui viene attribuito il dipinto di formato ovale raffigurante San Giovanni Nepomuceno. Quest'opera è ricondotta ai primi momenti della sua attività artistica dopo gli anni formativi in ambito bolognese, ossia poco prima del 1720. Il dipinto appare ancora legato ad un'impostazione accademica, con una composizione su di una struttura a diagonali, memore di soluzioni già adottate dal suo maestro Gian Gioseffo Dal Sole.
Tra le opere che con ogni probabilità appartengono alla quadreria storica del convento del Bigorio troviamo due splendide e delicate telette raffiguranti Gesù Bambino dormiente sulla croce e San Giovannino Battista, il cui piccolo formato fa pensare alla meditazione privata dei cappuccini.
Assegnate al locarnese Giovanni Antonio Felice Orelli (1706-1776 ca.), vengono inserite cronologicamente nel quinto decennio del Settecento, ossia prima del suo trasferimento a Bergamo, allorquando la sua paletta cromatica si amplia sensibilmente e le composizioni aeree si aprono maggiormente a suggestioni tiepolesche.
Le due tele della stessa dimensione raffiguranti San Giuseppe col Bambino Gesù e Sant'Anna, San Gioacchino e la Vergine bambina, sono ricondotte alla mano del pittore milanese Federico Ferrario (1714?-1802). Appartenenti alla prima fase della sua attività finora nota, in esse si possono già riconoscere le peculiarità stilistiche della sua pittura, ossia le ritmate composizioni di diversi personaggi assemblati in spazi compressi, le figure gesticolanti con gli arti quasi "a compasso" che costruiscono delle forme triangolari, una stesura del colore sciolta con accostamenti di tonalità rosate e rosse accanto ai verdi delicati e agli azzurri, i chiaroscuri accentuati, come pure i panneggi ampi e dalle pieghe fortemente segnate.
Info.
Tra le mura del Bigorio
Dipinti del Settecento lombardo dalla quadreria del convento
19 aprile – 13 settembre 2015
Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Rancate (Mendrisio)
Orari
Da aprile a giugno:
da martedì a domenica 9-12 / 14-17.
Luglio e agosto:
da martedì a domenica 14-18.
Settembre:
da martedì a venerdì: 9-12 / 14-18
sabato, domenica e festivi: 10-12 / 14-18
Chiuso: il lunedì. Aperto: tutti i festivi.