Gli affreschi cortesi del Castello di Masnago, oggi Museo di Arte Moderna e Contemporanea della città di Varese.
Tutto ebbe inizio nel lontano Medioevo quando una grande costruzione, inizialmente concepita come una fortificazione – come testimonia l’imponente torre quadrata di avvistamento, risalente al XII secolo – cresceva e si elevava sull’altura di Masnago. L’omonimo Castello allora costruito subì, nel corso dei secoli, aggiunte e ampliamenti che ne modificarono gradualmente il suo aspetto originale rendendolo sempre più simile a una grande villa.
I dipinti, noti a tutto il “mondo dell’arte”, scoperti nel 1937 e fatti restaurare dall’allora proprietario Angelo Mantegazza, risalgono al Gotico Cortese o Internazionale, l’appendice ultima del grande periodo del Gotico diffusosi in tutte le corti d’Europa, che va dalla fine del Trecento alla metà del Quattrocento.
Tipici passatempi di corte nella Sala degli Svaghi… le cui pareti, affrescate senza soluzione di continuità, con un effetto illusionistico che raggiungerà il suo apice nella Sala dei Vizi e delle Virtù, raffigurano scene quali la Caccia col falcone con i suoi due personaggi a cavallo – la dama in abito rosso e l’uomo in una giubba orlata di ermellino sulla cui mano serra gli artigli un elegante falcone bianco – la Gita in barca della dama con le sue due ancelle, il Gioco dei tarocchi a bordo di una nave su cui sventola lo stemma Castiglioni, la Colazione sull’erba di un gruppo di gentiluomini e
l’immagine di una dama intenta a suonare l’organetto, elegantemente adagiata sotto una decoratissima tenda sulla cui cima sventola, di nuovo, lo stemma della famiglia Castiglioni. C’è chi ha voluto riconoscere nella dama con l’organetto Maria Lampugnani, la sposa di Giovanni Castiglioni, nel cui Castello di famiglia a Legnano si trovano affreschi di carattere cortese databili intorno alla metà del XV secolo… è forse una coincidenza? Io non credo: nel Quattrocento, infatti, Varese visse un’intensa stagione decorativa ove le famiglie più importanti sentirono la necessità di dotare le pareti delle loro dimore di cicli affrescati, con esiti assolutamente interessanti.I dipinti, in linea con altri esempi coevi di pittura lombarda di gusto cortese – poco distante il ciclo della Sala nuziale di Casa Orrigoni ad Azzate – si distinguono per l’attenta resa del dettaglio e per la caratterizzazione fisionomica di alcuni volti, testimoniando e confermando così la fortuna delle tematiche aristocratiche e profane nella Lombardia della metà del Quattrocento.
Nella Sala dei Vizi e delle Virtù al piano superiore la soglia tra architettura reale e dipinta è pressoché inesistente: l’espediente delle porte dipinte evita, infatti, l’interruzione della decorazione da parte delle reali aperture.
Le pareti della stanza sono organizzate ritmicamente in gruppi di tre figure femminili – una Virtù e i due Vizi corrispondenti – incasellate entro partiture architettoniche di colonnine dipinte che, poste sotto le travature del soffitto, intendono porsi in rapporto con l’architettura reale della sala.
Ma, quali sono le personificazioni di Vizi e Virtù qui rappresentate?
Incontriamo, ad esempio, la Castità tra Lussuria, in abito eccessivamente scollato, e Vanità, intenta a guardarsi allo specchio ; la Liberalità tra Avarizia e Prodigalità; la Sollecitudine tra Pigrizia, con una scarpa e una calza nelle mani, e Accidia, con le vesti stracciate e i capelli in disordine; la Carità tra Invidia e Ipocrisia;
l’Umiltà, con l’agnello ai suoi piedi, tra Superbia e Arroganza…