È il filo nel suo tradursi in cuciture e ricami, il tratto dominante nelle opere di Maria Lai (Ulassai 1919) presenti in una raffinata e potente personale a cura di Manuela Gandini dal titolo "Tracce di un dio distratto", in corso presso la Nuova Galleria Morone a Milano.
Affinché una storia mantenga la sua integrità, è fondamentale che la traccia narrativa evolva con il procedere del racconto.
Tale magia accade nell'opera a forma di libro "La leggenda del sardus pater" (1990) percorsa da trame di filo d'oro e d'argento raffiguranti le janas, fate industriose, dal fisico minuto, originate da sciami di api con lo scopo di insegnare alle donne sarde a elaborare, attraverso il cucito, il loro lato creativo.
Gli schemi narrativi di Maria Lai sentono l'urgenza di fuggire dalle pagine dei libri, sino a tramutarsi in grumi di fili cascanti, quasi fossero embrioni di nuove storie.
In altre opere, la singolarità dei filamenti diventa segno, tracciato, ribellione alla logica grammaticale ad indicare un senso altro, di splendida e liberatoria irriverenza.
Poi, tutto pare ricomporsi in "Storia Universale" (1982), composta dagli ellittici elementi topografici comprensivi di globi terrestri intrinsecamente uniti tra loro.
L'estensione narrativa di Maria Lai si compie in una serie di tele poste in successione come fogli di un diario dove le parole illeggibili, ricamate sulle superfici, danno vita a "Lenzuolo" (2007) con lemmi che, a tratti, si sfaldano, liberandosi in ogni direzione, o si accumulano su loro stesse, creando coaguli quasi materici, al fine di definire la struttura spaziale del testo.
Maria Lai – "Tracce di un dio distratto"
Milano, Nuova Galleria Morone, Via Nerino 3
Fino al 27 aprile
Orario: da martedì a sabato dalle 11.00 alle 19.00
Ingresso libero