Venezia – A caratterizzare il Padiglione Croato nell’ambito della 58° Biennale di Arte a Venezia è il progetto realizzato in un arco temporale di tredici anni, dal 2006 al 2013, da Igor Grubić dal titolo “Traces of Disappearing” ( In Three Acts) a cura di Katerina Gregos, con un allestimento strutturato in tre momenti tematici, interconnessi a un filmato di animazione.
Il lavoro di Grubić indaga i moti di trasformazione che hanno portato il suo paese dal socialismo al selvaggio incedere del libero mercato con conseguenti stravolgimenti economici e sociali tali da falciare quegli usi comuni che sino a poco prima avevano dato forma ad un tessuto sociale improntato sulla comunanza del vivere.
Il percorso fotografico elaborato dall’artista croato documenta la vita di un gruppo di diseredati costretti a vivere in baracche rappezzate con materiali di recupero.
Maggiore attenzione è stata dedicata ad uno di loro per la creatività con la quale, il soggetto in questione, ha affrontato e risolto il suo disagio.
Lo sguardo di Grubić si è posato anche sulle fabbriche abbandonate.
Come cattedrali laiche rivelano l’idea di un passato dove i diritti dei lavoratori erano il fondamento umano e produttivo che le animava, dopodiché con l’avvento di un capitalismo le cui regole si sono fondate sulla negazione dell’elemento umano sino a tradurlo in soggetto numerico, tale patrimonio solidale è stato cancellato.
Ad avvalorare l’intero progetto concorre un video di animazione dove il rapporto generazionale tra padre e figlio, idealmente distante nella prima parte, trova compimento nel momento in cui il genitore, nel silenzio spettrale di una fabbrica dismessa, aziona un vecchio proiettore mostrando immagini del mondo operaio prima dell’avvento post – industriale.
A fronte di tale visione il giovane aiuterà il padre a rianimare gli altiforni ridando vita a fuochi che, se pur idealmente, alimenteranno l’intera struttura, conferendo senso simbolico alla trasmissione della memoria, quale linfa vitale affinché la storia di un popolo non vada perduta.
Grazie alla sua gentilezza e disponibilità abbiamo raggiunto telefonicamente Igor Grubić.
La denuncia espressa in Traces of Disappearing fa sorgere spontanea una domanda diretta: era meglio quando governava Tito?
«Le condizioni esistenziali erano sicuramente meglio negli anni ’80, la morte di Tito e la conseguente guerra hanno annullato quello che era stato considerato da filosofi francesi e svedesi di fama internazionale, un socialismo umano, dove i diritti dei lavoratori erano tutelati arrivando anche a forme di autogestione. La privatizzazione sopraggiunta dopo la guerra ha cancellato, nel peggiore dei modi, ogni precedente forma di tutela».
Il film che accompagna e completa il suo lavoro può assumere valore salvifico nel momento in cui la memoria di una paese viene tramandata di generazione in generazione?
«Le figure del film sono archetipiche, sono figure astratte e allo stesso tempo universali.
Il rapporto tra padre e figlio è segnato in un primo tempo dal trauma del genitore dovuto alla perdita del lavoro, il loro rapporto muta quando il padre mostra al figlio una pellicola dove emerge il valore solidale tra lavoratori. Oltre a questo mi interessava mettere in evidenza il valore architettonico di strutture industriali ora in disuso».
In alcune immagini, con evidente stridore, emerge la distanza tra la provvisorietà della abitazioni e il simbolo di un fast-food universalmente conosciuto.
«Con tali immagini ho inteso sottolineare la distonia tra la fatica del vivere quotidiano e la capillarità della distribuzione di massa insensibile alla scomparsa della piccola distribuzione e della laboriosità artigianale, la cui esistenza garantiva stabilità al tessuto sociale».
A fianco di fotografie di piccolo e medio formato ha elaborato alcune gigantografie una delle quali raffigura un furgone della polizia, quale il motivo di tanta attenzione?
«L’attuale funzione della polizia è quella di tutelare la classe politica, in realtà durante lo stravolgimento sociale che ha pervaso il mio paese avrebbe dovuto tutelate i diritti della gente comune, nel corso di tale mutamento gli unici ad arricchirsi sono stati i politici e la polizia ha assistito e tutelato solo i loro interessi».
Tra tutte le immagini in mostra una si eleva sulle altre: un camminamento formato da tappeti lisi, vecchie lenzuola, materassi sfatti che attraversando un campo conducono da un insieme di baracche all’asfalto, Come un disperato cordone ombelicale unisce luoghi di disagio ad un Mc Donald e a un supermercato Billa.
Impossibile non associare a quanto visto e sentito all’ultima scena di “Miracolo a Milano” quando i poveri liberati dalle privazioni quotidiane e dallo sfruttamento messo in atto da avidi speculatori si librano, a cavallo di scope, sopra la città diretti verso un mondo dove «Buongiorno significa veramente buongiorno».
Igor Grubić – “Traces of Disappearing” (In Three Acts)
Venezia, Padiglione Croato, 58esima Biennale d’Arte, Calle della Regina, Ssestiere Santa Croce 2258.
Fino al 24 novembre
Orario: martedì-domenica 10-18
Mauro Bianchini