Zentrum si definisce deposito temporaneo di opere e forme, idee, riflessioni, pensieri, incontri, scontri, cose… per l'arte contemporanea. 

Tre spazi autonomi, ognuno con una propria linea di sensibilità, ma piacevolmente in dialogo e confronto tra loro. Yellow, a cura di Vera Portatadino, azzarda escursioni dentro il corpo della pittura, lungo il confine delle mescolanze di cultura, esperienze, modalità; Surplace, a cura di Luca Scarabelli, propone uno "starfermi" in equilibrio sull'opera, con la complicità di uno o due autori per volta; riss(e), a cura di Ermanno Cristini, prosegue la sua erranza inseguendo un impossibile, continuo, "fuori registro".

"Let There Be Light" è una collettiva di pittori italiani e internazionali che celebra la nascita di Yellow. In occasione dell'evento di debutto, gli artisti in mostra sono invitati a presentare ognuno il proprio punto di vista, il proprio modus operandi e la propria poetica, dialogando in un'atmosfera di luce nascente. 

Si fa tridimensionale la pittura di Lorenza Boisi che presenta una costellazione luminosa di ceramiche, i cui colori e le cui forme vivono contemporaneamente di luce propria e di luce riflessa, come quella dei lavori di Lindsey Bull, per l'occasione gialla, che avvolge di mistero figure in procinto di compiere un qualche sconosciuto rituale o tese nella concentrazione di un istante, sulla soglia che separa realtà e illusione. 

Un equilibrio caro per certi versi anche al lavoro di Michael Lawton, pittore e scrittore, che porta a Yellow alcuni tra i suoi ultimi lavori, immagini che vivono di una certa ambiguità, ispirate da un preciso istante, di cui l'autore stesso non saprebbe scrivere adeguatamente. 

Atmosfere di luce e atmosfere di mistero anche per il lavoro in mostra di Lucia Veronesi, un'animazione pittorica video, che vive del processo stesso di accumulo ed elaborazione delle immagini-collage intorno a cui Lucia ha costruito la propria poetica. 

Jacopo Casadei rende omaggio a Yellow con i suoi più recenti dipinti, dove l'elemento figurativo si è perso in una sapiente combinazione di velature e gesti misurati, esito di una metodica indagine dei limiti e delle potenzialità del segno. 

Kate Hiley porta in Italia un'unica opera, Big Yellow, dittico, in cui è in atto la lotta tra liquefazione e ricostruzione della natura, sulle note di un giallo andante. Di luce, infine, vive anche la ricerca di Jill Mulleady, che esplora i potenziali di supporti come pellicole e superfici riflettenti in dialogo con il colore, lo spazio e il corpo.

Lo spazio riss(e) ospita invece "Il crudo e il diritto" con opere di Gabriele Jardini, fino al 5 gennaio. Jardini, di Gerenzano, usa la fotografia per operare una fotografia del limite. E lo fa con una puntuale, esasperata, maniacale, perizia tecnica piegata alla resa estrema del dettaglio. 

Il procedimento è quello della costruzione di una sorta di "iperdocumento", ma in realtà, come in un gioco di prestigio, se si affina lo sguardo si assiste alla testimonianza di un'escursione nei territori di ciò che non esiste o esiste solo nella consistenza dell'immagine. 

Sul versante diametralmente opposto all'istantanea, la fotografia qui prende tempo. Set le cui costruzioni avvengono con tempi lunghissimi trasudano infinita pazienza sostenuta dalla non comune capacità di aspettare, mentre lo scatto dà forma progressivamente ad una processualità del fare, contraddicendo la rapidità che sta dentro il suo nome stesso. 

In questo tempo senza tempo gli opposti si rincorrono, compreso quello che oggi attraversa pesantemente la contemporaneità chiamando in gioco la realtà e la finzione.
Il terzo spazio, surplace, accoglie fino al 10 gennaio le idee di Armida Gandini. 

Il suo lavoro ruota da sempre intorno al tema dell'identità – nella relazione con l'altro e con il mondo – e attinge a molti ambiti della cultura, dal cinema alla letteratura. Con un'attenzione particolare ai caratteri, all'uomo, ai suoi gesti e alle sue reazioni. 

Per l'occasione espone la prima fase del progetto In buone mani (work in progress), una serie di 7 fotografie nelle quali rende omaggio agli uomini importanti per la sua formazione con il semplice gesto di una carezza. 

"In buone mani" (2014), è un'installazione fotografica la cui prima serie comprende: Giovanni Gandini, Piermarco Gandini, Mario Galperti, Luigi Paracchini, Pierangelo Prestini, Piero Cavellini, Marcello Venturini.

ZENTRUM
Via San Pedrino 4, 21100 Varese
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