Sacro Monte di Varallo
Una biografia ancora da scrivere. Cristoforo Rocca Martinolio nacque a Roccapietra dintorni di Varallo, negli anni Novanta del Cinquecento, da nobile famiglia. Allievo del Morazzone, col quale collaborò probabilmente al Sacro Monte di Varallo, nel primo Seicento. Al Martinolio non è stata ancora dedicata una approfondita monografia e i dati biografici sono ancora incerti. Se le notizie relative alle vicende umane sono scarse, la situazione cambia per quanto concerne la conoscenza della sua produzione artistica. È possibile infatti ricostruire la sua lunga parabola artistica grazie alla sua (buona) abitudine di firmare e datare le opere.
Artista veramente prolifico, tra il 1639-40 fu attivo al Sacro Monte d'Orta dove attese alla decorazione della VII cappella e alla coloritura di statue. Le sue prime prove vanno pensate in relazione al Mazzucchelli,
Oratorio di Boccioleto, fraz. Ronchi
quando il Maestro lombardo era attivo a Varallo per le cappelle dell'Ecce Homo, della Condanna di Cristo e della Salita al Calvario. Il Martinolio cominciò poi ad operare autonomamente nei luoghi del Lago d'Orta e nei centri minori limitrofi. A Varallo ottenne, negli anni Venti, l'incarico per la cappella della Flagellazione e della Guarigione del paralitico.
Orientamenti misti. Nella sua produzione artistica si colloca nel pieno solco della corrente morazzoniana. La lezione del maestro lo pervase a tal punto da non allontanarsene mai, dimostrando quindi fedeltà all'eleganza del pittore lombardo. Nelle opere degli esordi, invece, emerge una componente stilistica leggermente più arcaica, che richiama la tradizione più antica. Negli anni '60 la critica infatti scriveva a proposito del Martinolio di "un tardo omaggio al gusto degli anonimi frescanti valsesiani del ‘400 e ‘500". Tipicamente lombarda è l'inclinazione dell'artista al descrittivismo quotidiano e la rigorosa chiarezza didascalica di impegno morale, all'insegna del clima borromaico.
A Ispra dipinge le Storie di Sant'Antonio nella Chiesa di San Martino, datate al 1618. Le pitture sono quindi ascrivibili a un momento precoce nella produzione del pittore, ma ma dimostrano una netta maturazione rispetto ai primi esperimenti. La componente morazzoniana, che divverrà come detto predominante nelle imprese dei Sacri Monti e nelle opere più tarde, è qui ancora venata da rimandi cinquecenteschi, soprattutto gaudenziani.