L'energia imbarazzante – Di Antonino Mazzone conservo tredici preziosi, ponderosi volumi di una Enciplodia Universale dell'Arte. Un dono che mi fece anni fa quando lo aiutai a sistemare parte della sua amplia e variegata biblioteca, specchio di un anima curiosa e onnivora verso tutto ciò che è cultura in senso lato, non solo quella di matrice scientifica.
Poco tempo prima mi era stato chiesto da occuparmi di alcuni suoi fogli, splendidi frottages tracciati con mano sicura, delle inferriate che fanno da corona e arricchiscono di particolare valenza artigianale il complesso stupefacente della via Sacra che conduce in vetta a Santa Maria del Monte. Presentammo quel piccolo volumetto, ordinato dal Lions Club Varese Host di cui Mazzoni fu il primo presidente dal 1955, in onore di questo uomo straordinario che, a quell'ora aveva 95 anni, ma ancora 'spiritato' di una vitalità e di un'energia quasi imbarazzante.
La gaiezza e la vis polemica – "Evviva". Al telefono rispondeva così, senza sapere chi ci fosse dall'altra parte della linea, indifferentemente. Ricordo solo che, difficilmente abituati a questo genere di approcci, si rimaneva puntualmente spiazzati da questa attestazione di gaiezza spontanea. Un lato sorgivo, questo, di un carattere che per altri versi ha temprato Antonino Mazzoni nella vis polemica, nel combattimento delle idee, nella passione per la tecnica e per la cultura umanistica tradotta fino all'ultimo con continui interventi a favore della sua città.
Il cruccio – Non era nato a Varese ma in città arrivò in uno dei momenti cruciali della sua vicenda urbanistica; quando sulla base del nuovo piano regolatore redatto dall'architetto Morpurgo nel 1929 si stava mettendo mano alla nuova ridefinizione di Piazza Porcari. Di Morpurgo, Mazzoni era uno dei più fidati e valenti collaboratori nella stesura del piano urbanistico. Da lì a poco, sventrando, allargando, razionalizzando la sghemba piazza Porcari, cuore della vecchia Varese, la grandeur del Fascio avrebbe ottenuto l'odierna piazza Monte Grappa visibile ed imponente snodo della città da poco elevata a capoluogo di Provincia. Il progetto definitivo, quello di Mario Loreti, sopravanzò proprio quello di Mazzoni. Gli rimase per tutta la vita un certo rimpianto: il cruccio per non aver saputo conferire a quel piccolo borgo che gli era entrato nel cuore una dimensione urbanistica più congrua alle sue caratteristiche estetico-ambientali.
Un paesino intatto – Per lui, giovane architetto cresciuto negli spazi monumentali di Roma, nella culla dell'ordito razionale dei volumi e delle superfici, il rimpianto che dalla nuova piazza solo uno spicchio, ad esempio, di Sacro Monte rimanesse visibile. Per lui che avrebbe voluto dare a quel paesino che ancora era Varese "con il suo piccolo corso a portici bassi, le case con i tetti ribassati e il Sacro Monte sullo sfondo", una piazza diversa, più moderna, ma anche più rispettosa.
Visione d'insieme – Comincia lì l'avventura di un tecnico che lasciando tracce di sé, non tutte meritorie, va detto, nel panorama urbano della città giardino, avviò un rapporto franco e diretto tra la sua professione – il suo fu uno degli studi più apprezzati -, l'istituzione, fu per breve tempo anche in politica, e l'opinione pubblica tutta con una carica e in particolare una visione di insieme dei problemi architettonici-urbanistici non comune alla categoria. Fino alle ultime precise prese di posizioni anche in merito alla necessità per la città di dotarsi finalmente di collegamenti funzionali su rotaia per non tagliare fuori definitivamente Varese dalla futura circolazione europee attraverso il prossimo Alptransit.
Somnium Mazzoni – Ma fino all'ultimo ha celebrato ha suo modo l'amato Sacro Monte e il suo principale artefice, il Mancino, cui ha dedicato anni intensi di studio, di rivisitazioni, di approfondimenti nei quali parte importante ha avuto anche il corpus di frottages eseguiti direttamente lungo la via Sacra: un riportare fedele e fervido del battuto ferroso, quasi a volersi febbrilmente riappropriare di quella antica, altissima nozione artigianale per poi, in studio, riprenderne il profilo con le chine. Senza tralasciare il commovente ultimo contributo, pubblicato di recente negli Atti del Convegno dedicato proprio al Sacro Monte e al suo creatore. Nelle ultime pagine, particolarmente ispirate, l'architetto Bernascone fa visita in sogno all'ingegnere centenario. Una sorta di Somnium Scipionis. Il dolce somnium di Antonino.