Dovranno pur sporcarsi le mani quegli artisti usi a lavorare, in preminenza, con materiali di differente natura, non solo fisicamente, ma come compromissione tra il sé ideale e il supporto con cui si misurano.
Di visceralità fisica e creativa dicono le venti ceramiche di Giacinto Cerone (Melfi 1957 – Roma 2004), nella personale "Una nota che non c'è", a cura di Marco Tonelli, in corso presso Montrasio Arte a Milano.
Cerone colpiva con pugni, vibrava fendenti, abbrancava blocchi geometrici incavi di terra cruda sino a snaturarne forma e dimensione tramutandone l'origine, per poi affidarli a Davide Servadei presso la Bottega Gatti di Faenza per cottura e smaltatura.
In quel passionale rapportarsi alla materia, l'artista animava all'unisono mente e gesto , creando moti fulminei, ritmiche ossessive, servendosi a tratti di tubi di ferro per compiere variazioni differenti da quelle ottenute con le mani.
Nonostante la prematura scomparsa, le opere di Cerone sono presenti in prestigiosi spazi pubblici e privati sia alla Banca Nazionale del Lavoro, che alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, alla Galleria d'Arte Moderna di Torino, al Museo Internazionale delle Ceramiche a Faenza, all'inpdap di Bruxelles e al MACRO di Roma.
Ad accompagnare la mostra concorre il video "Selfportraits. Giacinto Cerone", a cura di Ines Musumeci, per la regia di Ignazio Agosta.
In quelle significative sequenze si comprendono intenzioni, progettualità e forza esecutiva di Cerone, nel confronto-sfida tra l'origine della materia e il suo divenire.
Giacinto Cerone – "Una nota che non c'è"
Milano – Montrasio Arte – Via Porta Tenaglia 1
Fino al 12 maggio.
Orario: martedì-venerdì 11-18