Il filo rosso della memoria ripercorre quattro generazioni di donne: figlia, nipote e pronipote della protagonista Aurelia, partita da Cevio, in Vallemaggia, nel 1885 per l’America, perchè non voleva più indossare la veste di canapa. La loro vita racchiude l’impeto di ribellione e modernità di chi vuol partecipare ad un mondo che comincia ad accellerare.

 

L’attrice si mette a servizio dell’intreccio; niente fronzoli, una sedia e uno scialle sono sufficienti ad evocare negli spettatori il cammino ripetuto a specchio in ogni generazione per inseguire un sogno che ci porta oltre i confini del Ticino, fino in ‘Merica, fino al 1975.

La voce, il corpo e il cuore della narratrice sono al servizio della storia. Il linguaggio popolare, un po’ asciugato, come piaceva a Plinio Martini, è arricchito da modi di dire, proverbi in dialetto e canzoni: dal folclore, al jazz, agli anni Settanta che fungono da scenografia sonora. I ritmi sono scanditi da mani che si precipitano sul ventre, sulle gambe, sul petto per incarnare i protagonisti di una storia vera che potrebbe essere quella di qualsiasi famiglia ticinese, con episodi divertenti o commoventi in cui riconoscersi.

Il "Teatro dei Fauni" nasce a Locarno nel 1986. Particolare attenzione è rivolta ai personaggi femminili, spesso trascurati nel teatro tradizionale.

 

A corredo della mostra, il Museo si apre al teatro. "Una strada che porta lontano" è il titolo dello spettacolo di narrazione e musica firmato da "Il Teatro dei Fauni" con Santuzza Oberholzer. L’appuntamento è per sabato 30 novembre alla Pinacoteca di Rancate. INFO