Mendrisio – Un’ultima occasione per conoscere Carlo Storni, pittore e “coloraro” svizzero a Roma. Con una visita guidata condotta da Ivano Proserpi– uno dei curatori dell’esposizione – alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, che si terrà venerdì 23 agosto 2019 alle 16:30, al prezzo speciale di Fr./Euro 8, ingresso incluso.
Dell’artista originario della Capriasca non si sapeva quasi nulla ma grazie alla mostra in chiusura al 25 agosto, a cura di Antonio Gili, si può ammirare un ciclo di teleri, realizzati alla fine del Settecento per la chiesa parrocchiale di Tesserete che, trafugati e venduti nel 1968, sono oggi conservati in collezioni pubbliche e private sul territorio: attraverso dodici dei quindici pezzi radunati, raffiguranti Storie della Vita della Vergine, si è ricostruita, grazie alle ricerche svolte negli archivi nel Ticino e a Roma, la vita di Carlo Storni, artista che come tanti altri ticinesi è emigrato nella Città Eterna.
Molte le novità emerse grazie alle ricerche effettuate in occasione della mostra, sia nel Ticino che negli archivi a Roma: si è innanzitutto scoperto che Carlo Storni è nato nel 1738 nel Villaggio di Lugaggia; inoltre è vissuto stabilmente a Roma, dove si è sposato nel 1776 con una donna del posto, Rosalia Apollonia Ventura, da cui ebbe dieci figli, due dei quali pittori, e che li è morto nel 1806. Si è inoltre tracciata la storia della sua famiglia, che si interseca con un altro ramo di capriaschesi, i Lepori. Ancora si è trovato che, oltre all’attività di pittore, svolgeva anche quella di coloraro: possedeva infatti a Roma un negozio di vendita di colori e strumenti per dipingere – esistente ancora oggi -dove si sono serviti i nomi più celebri della pittura italiana ed internazionale tra i quali Morandi, De Chirico, Guttuso, Balthus, Schifano, Cucchi, Paladino ed altri.
L’esposizione è arricchita da documenti sulla famiglia Storni, con la ricostruzione dell’albero genealogico, e da fotografie degli affreschi da lui realizzati a Frascati per la potente famiglia Piccolomini, le uniche altre sue opere che è stato per il momento possibile individuare. Il corpus del pittore capriaschese, allo stato attuale delle indagini, si riduce dunque a pochissimi lavori, condizionando fortemente l’analisi del suo operato, nell’impossibilità di stabilire confronti sia iconografici che stilistici.
L’obiettivo della mostra e del catalogo è quindi di favorire una prima conoscenza dello Storni segnalandolo all’attenzione degli storici dell’arte che indagano soprattutto nell’ambito delle presenze di maestranze artistiche nella Roma del secondo Settecento e dei primi anni dell’Ottocento. Con la segreta speranza di riuscire inoltre a ritrovare i tre teleri tuttora dispersi. Il tema si inserisce perfettamente nel filone di esposizioni che la Pinacoteca Züst da molti anni dedica alla riscoperta di artisti del nostro territorio che si sono persi tra le maglie della Storia.
Approfondimenti
GLI STORNI DI LUGAGGIA “DETTI I ROMANI”
Il casato Storni è presente da tempo antico nell’odierno Comune di Capriasca (Vaglio, Sala, Bidogno e Lugaggia) e dallo scorcio tra Otto e Novecento anche in altre zone del Cantone Ticino (Locarno, Tenero-Contra, Sant’Antonio) e del Grigioni italiano (San Vittore, Leggia). A Lugaggia, villaggio nativo di Carlo Storni distante nove chilometri da Lugano, è attestata una forte emigrazione sin dal Cinque e Seicento. Carlo Storni e suo nipote Pietro Antonio sono all’origine del ceppo romano della casata.
Da un pronipote conterraneo del pittore, Federico Storni (1813-1876), emigrato in Argentina, discende il ramo assai prolifico trapiantato nel paese sudamericano, un nipote del quale, Michele (*1877), rimpatriato a Tesserete, diede vita ad una rigogliosa discendenza in tutta la Capriasca. Al ramo argentino appartiene anche una famosa pronipote di Federico, la poetessa Alfonsina Storni (1892- 1938), autrice di spicco del postmodernismo e della letteratura femminile latinoamericana.
Gli Storni ebbero stretti rapporti, anche di parentela, con altre famiglie di Lugaggia (Quadri, Bettoli, Nesa, Morosoli, Fumasoli, Antonini) e con i Lepori di Sala, famiglia, quest’ultima, alla quale Carlo Storni sembra essersi appoggiato per trovare sistemazione a Roma, dove emigrò nell’aprile del 1761, ad appena 23 anni d’età. Nel 1776 Carlo sposò la romana Rosalia Apollonia Venturi dalla quale ebbe dieci figli. A Roma vissero pure due nipoti di Carlo, i fratelli Pietro Antonio e Angelo Storni.
STORIA DI UNA DISPERSIONE
I quindici teleri sono stati composti e dipinti da Carlo Storni a Roma nel 1792 e giunti in seguito a Tesserete, non si sa se in dono – ipotesi piuttosto attendibile – o commissionati dai conterranei. Esposti nella chiesa plebana di Santo Stefano fino al 1951, in seguito ai lavori di restauro dell’edificio furono riposti nella sacrestia, avvolti gli uni negli altri in due rotoli distinti, uno di dieci esemplari e l’altro di cinque, e dimenticati da tutti per lungo tempo. Le opere furono immesse sul mercato antiquario nel 1968 ed entrarono a far parte di diverse proprietà.
Il caso generò una polemica e l’intervento della Procura Pubblica sottocenerina, che aprì un’inchiesta giudiziaria su istanza del Consiglio Parrocchiale di Tesserete. Il sequestro conservativo, intimato ai fini istruttori ai nuovi detentori, fu revocato nel 1970 ripristinando il diritto di libera disposizione delle opere.
Dodici sono state recuperate e oggi sono conservate sul territorio ticinese: cinque nelle chiese di Cagiallo e Tesserete; tre al Museo d’arte della Svizzera italiana, Collezione Città di Lugano; altre tre alla Pinacoteca Züst di Rancate; una è stata rintracciata presso un privato. Vengono in questa occasione presentate al pubblico nuovamente riunite per la prima volta.
Tre dei dieci teleri sottratti non furono più ritrovati. Essi raffiguravano verosimilmente L’assunzione di Maria al cielo, La discesa dello Spirito Santo sopra Maria e gli apostoli, e Maria e il discepolo Giovanni ai piedi della croce (oppure Le nozze di Cana).
I TELERI
Storni doveva conoscere bene l’ambiente artistico romano della seconda metà del Settecento ed è dunque probabile che per i quindici teleri da lui dipinti nel 1792 e giunti a Tesserete si fosse ispirato ad alcuni modelli presenti nell’Urbe. La firma e l’indicazione del luogo di esecuzione su ogni pezzo del ciclo starebbero a indicare la volontà da parte dell’artista di mostrare la propria identità in qualità di esecutore dei teleri, come pure di mettere in evidenza la propria attività nella Città Eterna quale aspetto decisamente rilevante. In tal senso i teleri potrebbero quindi essere considerati come un prezioso dono che lo Storni offrì al proprio paese d’origine quale segno tangibile del proprio successo romano. Anche l’iscrizione delineavit et pinxit, ripetuta su ogni esemplare, sottolinea in modo chiaro l’intervento diretto dell’artista e la propria libertà creativa. Oltre al programma iconografico, sia il formato che la dimensione dei teleri sembrano confermare la loro funzione di oggetti devozionali all’interno di un edificio durante particolari ricorrenze religiose e si può supporre che fossero esposti in occasione delle diverse feste mariane che costellavano l’anno liturgico. Fra i prototipi che lo Storni tenne in considerazione per la realizzazione dei teleri si segnala un ciclo eseguito con la medesima tecnica da vari autori per la chiesa di Santa Maria in Vivario a Frascati.
Le maggiori dimensioni di uno dei dipinti, l’Incoronazione della Vergine, suggeriscono la sua collocazione su di un altare.
La composizione piuttosto semplice delle scene – in modo che i soggetti fossero identificabili con immediatezza -, le scritte con la spiegazione dell’episodio narrato e i simboli dell’iconografia mariana – la corona e le rose – che appaiono nella parte superiore dei teleri rendevano queste opere didatticamente molto efficaci per il pubblico dei fedeli, che recepiva il messaggio religioso confacilità.
Tra gli elementi stilistici fortemente caratterizzanti si notino i panneggi delle figure, contraddistinti da ampie e falcate pieghe e da gonfi risvolti i quali sottolineano l’aspetto scultoreo e poco dinamico dei corpi. Anche la gestualità dei personaggi è contenuta e controllata, nell’intenzione di raccontare gli episodi sacri con la maggior chiarezza possibile, evitando di mostrare le emozioni e i moti dell’animo.
Sul finire del Settecento, Carlo Storni si esprime secondo degli schemi e dei modelli artistici ancora fortemente influenzati dal classicismo seicentesco di matrice emiliano-bolognese, una corrente stilistica di fatto mai sopita e sempre perseguita da tanti artisti, soprattutto in ambito romano
“SUCCHI D’ERBA”: APPUNTI SULLA TECNICA ESECUTIVA
Dal punto di vista tecnico-esecutivo i teleri di Tesserete sono stati realizzati con i “succhi d’erba”, colori ad acqua di origine vegetale che imitano gli arazzi: una tecnica particolarmente in voga nel Settecento. Essi venivano stesi per mezzo di un pennello su teli di lino o di seta privi della preparazione di gesso, di colla o di mestica. Tale tecnica, derivata dalla pittura su tessuti e su carta, era stata diffusa verosimilmente da pittori esecutori di cartoni per gli arazzi, ed ebbe una larga diffusione europea tra la seconda metà del XVII ed il XVIII secolo, ricordando in parte quella dei guazzi rinascimentali. L’obiettivo era di rendere vividi e brillanti i colori e nel contempo di imitare la loro trasparenza, caratteristica tipica delle tappezzerie e degli arazzi in stoffa. Se i succhi d’erba costavano poco rispetto ai pregiati arazzi (ciò che spiega il loro discreto successo), d’altra parte ponevano notevoli problematiche di tipo conservativo, per la difficoltà di mantenere nel tempo i colori impregnati nel tessuto, i quali tendevano a sbiadire. Nei teleri di Tesserete, nonostante l’assenza di un’indagine scientifica sui materiali utilizzati, si ipotizza che lo Storni abbia fatto uso anche di tempere magre, come visibile in diversi panneggi e incarnati delle figure, probabilmente per garantire una migliore leggibilità ma anche una miglior tenuta nel tempo.
In occasione della mostra tutti i teleri sono stati sottoposti a una revisione conservativa e pulitura ad opera di Tiziano Riva (Stabio), che hanno consentito una migliore fruibilità e leggibilità dei dettagli.
ATTIVITÀ DI CARLO STORNI A ROMA E RETE DELLE RELAZIONI CON I SUOI CONTERRANEI
Carlo Storni giunse a Roma nell’aprile del 1761, ad appena 23 anni d’età: non si sa di eventuali rientri in patria nel corso della sua vita. Il suo arrivo si inscrive nel fenomeno dell’emigrazione artistica delle maestranze originarie delle terre ticinesi e alla sua permanenza nell’Urbe concorre una trama di relazioni, incontri e collaborazioni da lui stabilite con personaggi della sua comunità di origine trapiantati a Roma, che probabilmente furono fondamentali per l’avvio della sua carriera e i contatti con gli ambienti artistici locali. Ad accoglierlo trovò infatti una rete di appoggi familiari ben organizzata e già inserita nel tessuto cittadino, quella che faceva capo allo stuccatore conterraneo Francesco Lepori di Sala (che gli farà da testimone al matrimonio) e ai di lui fratelli Venanzio, Andrea e Michele, anch’essi attivi nella stessa professione.
Storni abitò inizialmente con i fratelli Lepori. Questi dovettero rappresentare un punto di riferimento importante non solo per Carlo ma anche per gli altri parenti e conterranei che arrivavano a Roma e dovettero con ogni probabilità appartenere a quelle maestranze lombardo-ticinesi composte da artisti, stuccatori, lapicidi, scalpellini, architetti e muratori che, a partire dal Cinquecento, avevano iniziato a migrare verso Roma contribuendo in modo determinante, grazie alla loro abilità tecnica, allo sviluppo edilizio della città.
Il 17 gennaio 1776 Carlo Storni sposò la romana Rosalia Apollonia Venturi, figlia del «coloraro» Giuseppe, matrimonio che gli permise probabilmente di assicurarsi una stabilità economica. La coppia avrà dieci figli, a due dei quali, Ignazio e Angelo, sono attestati «lavori fatti in qualità di pittore nella passata santificazione» per la Camera Apostolica in Vaticano. Morto il suocero Venturi nel 1783, Carlo entrò in possesso della bottega di vendita di colori al pianterreno di una casa poco distante dal Pantheon situata nel rione Pigna, edificio in cui pureabitava. Nella bottega di colori di Carlo Storni si riforniva gran parte degli artisti allora attivi nei più importanti cantieri romani, dove affrescavano i palazzi dell’aristocrazia e con cui probabilmente Carlo intrattenne rapporti di lavoro. Il negozio esiste tuttora (ditta Poggi, fondata nel 1825): qui si sono serviti i nomi più celebri della pittura italiana e internazionale, da Morandi a De Chirico, Guttuso, Balthus e Schifano.
GLI AFFRESCHI DI VILLA LANCELLOTTI A FRASCATI
Oltre ai teleri di Tesserete l’unico lavoro di Carlo Storni conosciuto ed in parte ancora conservato si trova all’interno della Villa Lancellotti a Frascati, una località da secoli nota quale luogo di residenza estiva dell’aristocrazia romana. Edificata nel 1586 con il concorso dei capomastri Battista e Marco Muggialdi (o Muggianti), originari di Caneggio (Valle di Muggio, Cantone Ticino), la villa subì nei secoli diverse trasformazioni. Tra il 1770 ed il 1780, epoca in cui la dimora apparteneva al principe Pietro Paolo Enrico Testa Piccolomini, all’edificio principale fu aggiunto un piccolo corpo, chiamato Gabinetto, probabilmente utilizzato come luogo di riposo che permetteva di godere di una bella vista sul giardino della villa. Ed è proprio sul soffitto di questo spazio che si conservano tuttora alcuni dipinti murali eseguiti dallo Storni, mentre sono andate perse a seguito delle trasformazioni ottocentesche le pitture nel salone al pianterreno della villa che egli avrebbe eseguito nel 1775 in collaborazione con altri pittori.
Il soffitto del Gabinetto di Villa Lancellotti presenta un campo centrale con la raffigurazione di Diana ed Endimione, circondato da quattro riquadri con vedute paesaggistiche, il tutto delimitato da decorazioni a grottesche. Il tema mitologico del dipinto centrale presenta Diana, dea della caccia, la quale, innamoratasi del giovane e bellissimo Endimione, chiese a Giove di farlo addormentare in un sonno perpetuo in modo da poter trascorrere ogni notte con lui. Nelle quattro vedute con paesaggi di campagna e marine si intravvede una certa qualità pittorica ed esecutiva, mentre nelle grottesche risaltano in particolar modo i colori vivaci come pure le figurine di soldati e il ricco repertorio vegetale. Al di là del loro valore artistico, i dipinti di Villa Lancellotti stanno a dimostrare che Carlo Storni non dipingeva solamente temi religiosi (i teleri di Tesserete) ma pure mitologici e paesaggistici, svolgendo inoltre l’attività di decoratore.
Informazioni
La prenotazione è obbligatoria e può essere effettuata via mail (decs-pinacoteca.zuest@ti.ch) o telefono (+41 91 816 47 91).
Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Via Pinacoteca Züst 2
6862 Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino Svizzera
www.ti.ch/zuest
Daniela Gulino